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Il 25 aprile fra giudizio storico e dibattito politico

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Si alzano i toni dello scontro politico a pochi giorni dall'anniversario della Liberazione. Ma tutti dovremmo seguire l'esempio dei costituenti

Si alzano i toni dello scontro politico a pochi giorni dall'anniversario della Liberazione, il 25 aprile. Come ricostruire un comune sentire repubblicano? "Seguendo l'esempio dei costituenti. Il dibattito sulle norme relative alla ricostituzione del partito fascista dovrebbe esser letto da tutti perché, da una parte si era concordi nel condannare la vicenda storica del fascismo, ma nello stesso tempo si voleva costruire un ordinamento liberale in cui fosse garantita la possibilità per tutti di partecipare ed esprimersi, evitando formule che consentissero poi di utilizzare il giudizio storico per trasformarlo in un giudizio politico sulla attualità". Così interviene il costituzionalista Giovanni Guzzetta.

"Tra coloro che -ricorda- condividevano questo approccio di distinzione della condanna storica del fascismo e la garanzia del pluralismo delle idee nascenti, c'erano i più grandi leader, tra cui Palmiro Togliatti. E non a caso. Ricordiamo che lo scontro tra partiti filo-occidentali e partiti che si ispiravano al modello sovietico era accesissimo sia a livello parlamentare (fino all’esclusione del Pci dal governo nel giugno del ’47) che nel paese. Non a caso Giorgio La Pira, figura di spicco del cattolicesimo politico, sottolineò la necessità di evitare che il giudizio storico si proiettasse anche sulle soluzioni future, ricordando, proprio a Togliatti nel novembre del '46, che 'vi è chi crede perfino di ravvisare le sembianze del fascismo proprio nel partito comunista' (intervento La Pira 19 novembre 1946, Prima Sotto Commissione della Commissione per la Costituzione - ndr)".

Secondo Guzzetta, professore ordinario di Diritto pubblico all'università di Tor Vergata, "la nostra Carta è molto più che anti-fascista perché guardava soprattutto al futuro e alla necessità di coniugare la tutela contro ogni minaccia totalitaria e la necessità di evitare strumentalizzazioni, basate appunto su una dilatazione del concetto di 'fascismo', che impedissero il dispiegarsi del libero gioco democratico. La nostra è una costituzione anti-totalitaria, ispirata all’idea della riconciliazione all’insegna di valori aperti alla partecipazione di tutti. Per questo furono evitate formule da democrazia protetta, quelle che consentirono in Germania di mettere fuori legge sia il partito neonazista che quello comunista".

"Al fondo vi è la fiducia che il pluralismo delle idee di per sé non può essere una minaccia. Tanto è vero che le norme sul divieto di ricostituzione del partito fascista e sulla possibile limitazione dei diritti politici dei capi del regime fascista, fu collocata non nel corpo della Costituzione ma nelle disposizioni transitorie e finali (la XII per la precisione) - rimarca - E tanto è vero che in una prospettiva di riconciliazione i divieti di esercizio dei diritti politici per i capi del regime fascista non furono imposti dalla Costituzione, ma rimessi alla discrezionalità del legislatore, per un massimo di cinque anni. Gli anticorpi della Costituzione riguardano invece la difesa da qualunque minaccia antisistema all'ordinato svolgimento della vita democratica da qualunque parte potesse provenire, secondo quanto sanciscono gli articoli 18 e 49 della Costituzione".

Il primo, prosegue il costituzionalista, vieta "le associazioni segrete e quelle che perseguono, anche indirettamente, scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare", il secondo garantisce a tutti i cittadini il diritto ad "associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale". La parola antifascismo c'è oppure no in Costituzione? "Non c'è questa espressione letterale - risponde Guzzetta - ma la condanna della esperienza storica del fascismo c'è attraverso il divieto di ricostituzione del partito fascista, inteso come concreto tentativo organizzativo di ripristinare quella particolare esperienza".

"La specifica condanna non toglie però che, nella sua proiezione verso il futuro, la Costituzione condanni qualsiasi forma di violenza e intimidazione nella lotta politica, con riferimento a pulsioni totalitarie ed egemoniche in qualsiasi forma si manifestino. Condanna della violenza ed elogio della tolleranza dell’avversario sono due facce della stessa medaglia. Nella Carta c'è la condanna della esperienza storica, ma anche la preoccupazione, alla vigilia della guerra fredda, di qualsiasi tipo di abuso nella lotta politica. Pensando al futuro, il Costituente ha posto tutte le forze politiche - rimarca Guzzetta a conclusione della sua analisi - sotto il giudizio della Carta quanto al rispetto del metodo democratico e del pluralismo delle opinioni, scommettendo che la condivisione di tali valori avrebbe favorito la riconciliazione nazionale e consentito la partecipazione più ampia dei cittadini di qualsiasi orientamento". 

1 anno fa
Foto: pixabay
Autore
Roberta Lanzara

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