Frode e riciclaggio con i rifiuti, emesse 8 misure
Operazione congiunta della Guardia di Finanza tra Napoli, Roma e Caserta
Militari del Nucleo Speciale di Polizia Valutaria della Guardia di Finanza di
Roma, con il supporto del Comando Provinciale della G.d.F. di Caserta, hanno
eseguito questa mattina un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal GIP del
Tribunale di Napoli, su richiesta della Procura della Repubblica di Napoli,
Direzione distrettuale antimafia, nei confronti di otto persone gravemente
indiziate di appartenere a una organizzazione dedita ai reati di riciclaggio di
denaro, frode fiscale ed intestazione fittizia di beni, aggravati dalla finalità di
agevolare il clan dei Casalesi.
Il provvedimento restrittivo scaturisce da un’indagine che ha raccolto elementi
probatori a carico di un gruppo di imprenditori, con base organizzativa in
provincia di Caserta, dedito in modo sistematico alla commissione di reati
tributari.
Attraverso una società di gestione e smaltimento di rifiuti fittiziamente intestata a
un “prestanome” ma, di fatto, riconducibile ad una compagine familiare vicina ad
ambienti camorristici del clan dei Casalesi, gli ingenti flussi finanziari originati
dalle attività illecite, venivano successivamente riciclati attraverso una rete di
persone fisiche e giuridiche accomunate da una medesima regia.
L’impresa di smaltimento dei rifiuti, già nel passato destinataria di provvedimenti
interdittivi antimafia per la presenza di un socio esponente di spicco del clan dei
Casalesi, avrebbe continuato ad operare, attraverso una nuova compagine,
nell’interesse del clan.
La linea di continuità gestionale e imprenditoriale tra la vecchia compagine
societaria e l’attuale avrebbe garantito all’organizzazione criminale di poter
continuare a disporre di una delle sue articolazioni imprenditoriali, in sostanziale
elusione delle interdittive adottate dall’autorità prefettizia.
Nel corso delle indagini è emerso che la società di smaltimento rifiuti avrebbe
ricevuto ed utilizzato numerose fatture per operazioni inesistenti, che hanno
consentito di generare costi fittizi e al tempo stesso far fuoriuscire gli utili
aziendali attraverso un imponente sistema di riciclaggio.
Attraverso l’operato di diversi soggetti, ciascuno con ruoli ben definiti, sarebbero
state poste in essere anomale movimentazioni finanziarie, collegate alle
fatturazioni per operazioni inesistenti emesse da società di comodo/cartiere,
finalizzate a far confluire su conti correnti bancari e postali somme di denaro che
poi venivano trasferite anche all’estero (in Bulgaria, Regno Unito, Polonia,
Germania, Belgio, Lituania) o prelevate in contanti, rendendo difficile
l’individuazione della destinazione finale. Le indagini tecniche e di tipo bancario
hanno comunque consentito di appurare il rimpatrio di buona parte dei capitali di
verosimile provenienza illecita, attraverso movimentazioni di denaro contante.
Nei confronti dei due soggetti che hanno diretto e organizzato l’attività del
sodalizio è stata disposta la custodia cautelare in carcere, mentre gli altri sei
indagati sono stati posti agli arresti domiciliari.
È stato altresì disposto dal GIP, su richiesta della DDA, il sequestro preventivo,
anche per equivalente, di disponibilità finanziarie, beni mobili e immobili, per
oltre 11 milioni di euro, oltre alla totalità delle quote di partecipazione al capitale
sociale e dei complessi aziendali di sei società.
Roma, con il supporto del Comando Provinciale della G.d.F. di Caserta, hanno
eseguito questa mattina un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal GIP del
Tribunale di Napoli, su richiesta della Procura della Repubblica di Napoli,
Direzione distrettuale antimafia, nei confronti di otto persone gravemente
indiziate di appartenere a una organizzazione dedita ai reati di riciclaggio di
denaro, frode fiscale ed intestazione fittizia di beni, aggravati dalla finalità di
agevolare il clan dei Casalesi.
Il provvedimento restrittivo scaturisce da un’indagine che ha raccolto elementi
probatori a carico di un gruppo di imprenditori, con base organizzativa in
provincia di Caserta, dedito in modo sistematico alla commissione di reati
tributari.
Attraverso una società di gestione e smaltimento di rifiuti fittiziamente intestata a
un “prestanome” ma, di fatto, riconducibile ad una compagine familiare vicina ad
ambienti camorristici del clan dei Casalesi, gli ingenti flussi finanziari originati
dalle attività illecite, venivano successivamente riciclati attraverso una rete di
persone fisiche e giuridiche accomunate da una medesima regia.
L’impresa di smaltimento dei rifiuti, già nel passato destinataria di provvedimenti
interdittivi antimafia per la presenza di un socio esponente di spicco del clan dei
Casalesi, avrebbe continuato ad operare, attraverso una nuova compagine,
nell’interesse del clan.
La linea di continuità gestionale e imprenditoriale tra la vecchia compagine
societaria e l’attuale avrebbe garantito all’organizzazione criminale di poter
continuare a disporre di una delle sue articolazioni imprenditoriali, in sostanziale
elusione delle interdittive adottate dall’autorità prefettizia.
Nel corso delle indagini è emerso che la società di smaltimento rifiuti avrebbe
ricevuto ed utilizzato numerose fatture per operazioni inesistenti, che hanno
consentito di generare costi fittizi e al tempo stesso far fuoriuscire gli utili
aziendali attraverso un imponente sistema di riciclaggio.
Attraverso l’operato di diversi soggetti, ciascuno con ruoli ben definiti, sarebbero
state poste in essere anomale movimentazioni finanziarie, collegate alle
fatturazioni per operazioni inesistenti emesse da società di comodo/cartiere,
finalizzate a far confluire su conti correnti bancari e postali somme di denaro che
poi venivano trasferite anche all’estero (in Bulgaria, Regno Unito, Polonia,
Germania, Belgio, Lituania) o prelevate in contanti, rendendo difficile
l’individuazione della destinazione finale. Le indagini tecniche e di tipo bancario
hanno comunque consentito di appurare il rimpatrio di buona parte dei capitali di
verosimile provenienza illecita, attraverso movimentazioni di denaro contante.
Nei confronti dei due soggetti che hanno diretto e organizzato l’attività del
sodalizio è stata disposta la custodia cautelare in carcere, mentre gli altri sei
indagati sono stati posti agli arresti domiciliari.
È stato altresì disposto dal GIP, su richiesta della DDA, il sequestro preventivo,
anche per equivalente, di disponibilità finanziarie, beni mobili e immobili, per
oltre 11 milioni di euro, oltre alla totalità delle quote di partecipazione al capitale
sociale e dei complessi aziendali di sei società.
2 Febbraio
Se vuoi commentare questo articolo effettua il login.
Risposta
Commenti