Trump presidente USA, le reazioni dell'economia stelle e strisce
L'esperto, 'da incremento spesa pubblica aumento deficit circa 8000 mld dollari in 10 anni'
"L’elezione di Trump, con annesso Congresso monocolore repubblicano, ha comportato una reazione in linea con le principali indicazioni del programma del candidato repubblicano. Il primo punto è il forte incremento della spesa pubblica che, stando alle stime del Committee for responsible budget, comporterebbe un aumento del deficit di circa 8000 miliardi di dollari nell’arco di dieci anni. L’enorme spesa, da un lato, determinerebbe un potenziale rialzo dell’inflazione, dall’altro, richiederebbe un notevole incremento delle emissioni di Treasury. Comprensibile, pertanto, la reazione del mercato, che ha visto il rialzo dei tassi Treasury Usa a medio/lungo termine, con il conseguente allargamento degli spread tra i tassi Usa e quelli europei, che a sua volta ha comportato un marcato apprezzamento del dollaro". A dirlo l'eseprto Antonio Cesarano, chief global strategist, Intermonte.
"La corposa politica di spesa - spiega - è suonata invece come musica per le orecchie dei mercati azionari Usa, soprattutto per il comparto delle aziende medio-piccole, visto l’obiettivo dei rimpatri della produzione sintetizzato dal celebre slogan MAGA, Make America Great Again. Diametralmente opposto l’impatto sui mercati azionari europei, soprattutto a causa del temuto effetto dei dazi che Trump fisserebbe al 20% su tutte le importazioni, innalzando l’aliquota al 60% per quelle dalla Cina. In sintesi: aumento dei tassi Usa, dollaro in apprezzamento e mercati azionari Usa in forte rialzo, in particolare l’indice delle medio-piccole, il Russell 2000".
"In pratica - sostiene - una reazione sovrapponibile a quella che si ebbe dopo la vittoria di Trump nel novembre 2016, quando si assistette a un trend al rialzo dei listini azionari, proseguito anche nei primi mesi del 2017. Alla fine del 2017, il Nasdaq 100 risultò il vincitore tra i tre principali indici. Allo stesso tempo, l’euro-dollaro passò da 1,10 in novembre 2016 a 1,04 alla fine dello stesso anno, per poi arrivare ad 1,20 alla fine del 2017. In prospettiva, fino a fine anno i mercati potrebbero incorporare nei prezzi l’attesa degli impatti del programma di Trump, ma successivamente, su un orizzonte più lungo, potrebbero ritornare ad impattare altri fattori, tra cui, soprattutto, le ripercussioni sul dollaro a causa del forte peggioramento dei conti pubblici US".
Antonio Cesarano procede poi a un'analisi a breve e a lungo termine. Nel breve termine, entro il primo trimestre 2025: possibile ritorno dell’euro-dollaro in area 1,03/1,05, anche in seguito all’ulteriore incertezza creata dalla probabilità sempre più elevata di elezioni anticipate in Germania, dopo la recente defenestrazione del ministro delle finanze Lindner (a capo anche del partito di coalizione FDP) da parte del premier Scholz; tasso US a 10 anni fino al 4,75/5%. Molto più limitato e marginale il rialzo dei tassi euro, alle prese con una difficile fase congiunturale, oltre che politica, con riferimento alla Germania; Borse Usa in fase di continuazione del rally rialzista, con particolare focus sulle aziende medio piccole, a fronte invece di una sottoperformance delle Borse europee.
Su un orizzonte di 6/12 mesi: l’euro-dollaro potrebbe ritornare in area 1,13/1,15, in vista del progressivo impatto delle dispendiose manovre di spesa del governo Trump sui conti pubblici americani. In questo caso, il trend delineato potrebbe iniziare ad esplicarsi non prima dell’esito delle probabili elezioni anticipate tedesche in primavera; i tassi a medio/lungo termine potrebbero stabilizzarsi, in attesa di verificare se e quanto sarà l’entità del possibile rigurgito inflattivo nel corso del 2025, causato anche dalle politiche protezionistiche; le Borse Usa potrebbero continuare il trend rialzista, supportate da un contesto di liquidità abbondante e da politiche fiscali espansive. Tuttavia, potrebbero verificarsi temporanee fasi di turbolenza determinate, ad esempio, dall’eventuale intensificarsi delle tensioni geopolitiche in Medio Oriente.
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