Croci sì o no sulle vette. L'autorete del Cai
Subito la smentita dell'ente dopo la miccia accesa sull'ipotesi di rimuovere le croci sulle montagne
Il Club alpino italiano "guarda con rispetto le croci esistenti, ma non solo: si preoccupa del loro stato ed eventualmente, in caso di necessità, si occupa della loro manutenzione (ripulendole dagli adesivi, restaurandole in caso di bruschi crolli). Questo perché, è giusto evidenziarlo una volta di più, rimuoverle sarebbe come cancellare una traccia del nostro cammino; un’impronta a cui guardare per abitare il presente con maggior consapevolezza". ll Club alpino italiano chiarisce la sua posizione riguardo alla presenza e all'installazione di croci di vetta sulle montagne italiane. Ma "è proprio il presente, un presente caratterizzato da un dialogo interculturale che va ampliandosi e da nuove esigenze paesaggistico-ambientali, a indurre il Cai a disapprovare la collocazione di nuove croci e simboli sulle nostre montagne".
"Ci sono argomenti che, più di altri, spaccano in due la sensibilità degli appassionati di montagna, senza lasciare spazio alle mezze misure. Uno di questi è rappresentato dalle croci di vetta. Ogni notizia legata a una croce porta alla rapida formazione di schieramenti netti, distinti, precisi. Tale dinamica purtroppo intorbidisce il dibattito, trasformandolo in alterco; in un battibecco su cui, purtroppo, non pochi tendono a speculare", sottolinea il Cai, sul portale 'Lo scarpone', ricordando quanto emerso in un convegno che si è svolto giovedì a Milano, dove "si è registrato un punto di convergenza culturale, giuridico, storico e perfino religioso; una prospettiva che ha trovato tra i presenti una larga concordanza sulla necessità di lasciare integre le croci esistenti, perché testimonianze significative di uno spaccato culturale, e allo stesso tempo di evitare l’istallazione di nuovi simboli sulle cime".
Una tesi condivisa pienamente dal Club alpino italiano, e che dimostra lo stesso approccio "adottato con i rifugi e con le vie ferrate, prendendosi cura delle strutture esistenti e, al contempo, dichiarandosi contrario alla realizzazione di nuovi innesti. Sarebbe interessante se, per una volta, il dibattito riuscisse a smarcarsi dalla logica del tifo per abbracciare il desiderio di ascoltare, comprendere e riflettere. Una necessità di dialogo che di sicuro alzerebbe il livello del dibattito".
“Lo stop del Club alpino italiano alle croci sulle cime delle montagne è una proposta insensata e inaccettabile. Chi pratica l’alpinismo ne apprezza il valore e l’importanza e conosce bene quella sensazione di pienezza e soddisfazione che si prova, alla vista della croce, una volta raggiunta la vetta. La vetta è la meta e le montagne sono come cattedrali; ciascuna di esse racconta la propria storia esattamente come il libro che si firma quando si raggiunge la cima. Storie di amore e passione per la montagna, di passato perenne e di presente. Una vetta senza la sua croce non sarebbe più la stessa”. Lo scrive in una nota la senatrice di Fratelli d’Italia Isabella Rauti.
“Apprezziamo l’immediata smentita da parte del Presidente del CAI, che pone fine a quella che è sembrata essere più che altro una boutade poco intelligente. Mi preme ricordare come molte delle croci che svettano in montagna sono apposte in ricordo dei caduti italiani della prima guerra mondiale. Nessuno può permettersi di cancellare con un colpo di spugna la storia di questa Nazione, tantomeno potrebbe farlo il Cai che non ha nessun titolo a riguardo”. Così in una nota il deputato di Fratelli d’Italia, Riccardo De Corato.
"Al di là di quello che può pensare e votare o pregare il presidente del Club Alpino Italiano, che per noi può essere cattolico, protestante, ebreo, musulmano o buddhista, si fa presente che il Cai è un'articolazione dello Stato, che lo vigila, e non un'associazione culturale dotata di totale autonomia statuale, economica e amministrativa. Fondato da Quintino Sella, alla cui memoria ogni uomo di cultura si ispira, quest'anno ha ricevuto 11 milioni di euro dal ministero del Turismo. Quindi al netto di quello che reputano i suoi associati e il suo vertice, è il caso che rientrino nei propri ranghi amministrativi. Altrimenti se sono interessati a fare politica possono chiedere a uno dei tanti partiti italiani di essere candidati alle prossime elezioni, in modo da avere titolo, come legislatori, a modificare le norme e a trasformare finanche il glorioso Cai in un organo di discussione politica". È quanto dichiara il vicepresidente della Camera dei deputati Fabio Rampelli di Fratelli d'Italia.