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Il governo salva il calcio e affossa 5mila aziende

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La mancata estensione della misura 'salva-calcio' a tutte le aziende italiane causerà la chiusura di oltre 5.000 imprese nell'anno 2023

La mancata estensione della misura 'salva-calcio' a tutte le aziende italiane causerà la chiusura di oltre 5.000 imprese nell'anno 2023. Imprese che, a causa delle loro difficoltà economiche/finanziarie dovute agli effetti negativi della pandemia e della guerra fra Russia e Ucraina, non otterranno da parte dell'Agenzia delle Entrate e Riscossione l'accoglimento delle richieste presentate per le rateazioni dei propri debiti. Questa è la stima di Susini Group stp, studio di Firenze leader nella consulenza del lavoro.

Entro la giornata del 22 dicembre 2022 sarebbero dovuti entrare nelle casse dello Stato 889 milioni di euro dalle società sportive per versamenti di contributi previdenziali e assistenziali, di ritenute alla fonte, iva e imposte sui redditi accumulati per via del Covid e congelati con lo Stato. Una nuova norma della Legge di Bilancio, invece, ha sancito che tali debiti possono essere saldati in 60 rate con una maggiorazione del 3% da versare contestualmente alla prima rata. La misura "agevolativa" riguarda soltanto le federazioni sportive nazionali, gli enti di promozione sportiva e le associazioni e società sportive professionistiche e dilettantistiche che hanno il domicilio fiscale, la sede legale o la sede operativa nel territorio dello Stato e operano nell'ambito di competizioni sportive in corso di svolgimento. "Una misura iniqua e cieca che mette in secondo piano le imprese italiane, eppure gli effetti negativi della pandemia si sono riversati anche su di loro, rispetto alle società sportive che sono le sole a poter beneficiare della norma. La mancata estensione della misura a tutte le aziende italiane provocherà la chiusura di oltre 5000 imprese nell'anno 2023", commenta Sandro Susini, fondatore di Susini Group stp.

"Oggi infatti - continua Susini - tutte le aziende italiane, ad esclusione di quelle sportive che hanno ottenuto un salvagente che consiste in una strada privilegiata priva di ostacoli per ottenere la rateazione dei debiti, hanno la facoltà di pagare in 5 anni gli insoluti col fisco superiori a 120 mila euro, ma con una sanzione del 10%, e l'obbligo di depositare insieme alla domanda anche la certificazione relativa all'indicatore della situazione reddituale (isee), per le ditte individuali, e il prospetto per la determinazione dell'indice di liquidità (utilizzato per stabilire la capacità di un'impresa di far fronte agli impegni finanziari) e dell'indice Alfa (utilizzato per determinare il numero delle rate concedibili), per le altre società. L'Agenzia delle Entrate e riscossione, soltanto dopo un previo riscontro della congruità degli indici depositati da ogni contribuente, provvederà ad accogliere o meno le domande presentate. Un'ingiustizia - sottolinea e conclude Sandro Susini - a cui il legislatore dovrà mettere mano quanto prima e correggere affinché tutti i contribuenti italiani possano avere gli stessi diritti di sdebitamento".

1 anno fa
Foto: pixabay
Autore
Claudio Mascagni

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