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Prigionieri nel silenzio: sono 2.024 italiani detenuti all'estero

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Tanti sono i nostri connazionali detenuti all'estero, poco più della metà in paesi dell'Unione Europea

Antigone: "Autorità italiane sono tenute a monitorare costantemente la situazione e intervenire" (ripetizione da altra categoria)
 

Sono 2.024 i nostri connazionali detenuti all'estero, poco più della metà in paesi dell'Unione Europea, per il resto un po' in tutto il mondo tra Europa (extra UE), Americhe, Mediterraneo e Medio Oriente, Africa su-sahariana, Asia e Oceania. Quaranta in attesa di estradizione, 1042 in attesa di giudizio, 942 condannati. I dati, pubblicati sul sito del Ministero degli Esteri, sono aggiornati al dicembre 2020 e tra questi non c'è l'imprenditore Andrea Costantino arrestato a Dubai il 21 marzo scorso.

"Le autorità italiane sono tenute a monitorare costantemente la situazione degli italiani detenuti all’estero - dice Susanna Marietti, coordinatore nazionale per Antigone - per intervenire prontamente in caso di qualsiasi restrizione nei loro diritti. Troppe volte in passato abbiamo assistito a situazione tragiche nelle quali nostri concittadini hanno vissuto in condizioni di detenzione del tutto irrispettose della dignità umana e senza garanzie processuali adeguate. La maggior parte degli italiani detenuti all’estero lo sono in Stati appartenenti all’Unione Europea. Negli ultimi anni l’Ue si dotata di una serie di strumenti normativi atti a garantire il rispetto di norme procedurali per le persone coinvolte in procedimenti penali. Sarebbe importante che si potesse arrivare anche a standard di detenzione condivisi".

“Il numero dei connazionali detenuti in terra straniera è sceso sotto i 3.000, ma coloro che hanno avuto detenzioni brevi non vengono contati e, soprattutto, il fatto che sia costante sta a significare che quando un italiano viene liberato un altro viene incarcerato. Otre 2.000 cittadini italiani e le loro famiglie si trovano a dover affrontare un percorso che spesso diventa un incubo - spiega Francesca Carnicelli, avvocato dell'associazione 'Prigionieri del silenzio' - perché lo Stato non riesce ad attivarsi tempestivamente e proficuamente per verificare che nei loro confronti vengano garantiti i diritti fondamentali: un giusto processo, una difesa adeguata, una carcerazione umana. Ciò sta a significare che almeno 8000 italiani ogni anno sono coinvolti (in prima persona o un loro caro) in questioni che riguardano detenzioni e processi all’estero. Ottomila concittadini, troppo spesso, dimenticati dalle Istituzioni".

"I tagli alle risorse della rete diplomatica hanno fatto sì che troppo spesso vi siano Stati privi di un’autorità consolare o diplomatica italiana o affidati al ruolo diplomatico onorario. La nostra esperienza - continua - ha insegnato che se una persona non viene immediatamente e fattivamente sostenuta dal proprio Stato, molto probabilmente si troverà privo di una efficace difesa e si vedrà negati anche i minimi diritti umani. Lo Stato italiano dovrebbe individuare, almeno per ogni Ambasciata, un soggetto specializzato che si occupi di queste vicende e dovrebbe, come minimo, fornire prontamente e gratuitamente un interprete perché la barriera della lingua è devastante sotto tutti i profili da quello difensivo a quello psicologico. Ci sono molte cose che potrebbero essere fatte (ad esempio una rete di interpreti volontari tratti da connazionali residenti in loco) a costo zero ma che aiuterebbero enormemente i nostri concittadini detenuti”.

 

 

 

3 anni fa
Foto: pixabay
Autore
Claudio Mascagni

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