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L'Italia all'avanguardia per la ricerca sui tumori

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In Italia 183 centri ricerca di alta qualità, nodo risorse e personale. Quasi il 50% si trova al Nord (90), il resto al Centro (44 centri) e al Sud (49 centri)

Sono 183 i centri censiti che conducono ricerche cliniche in oncologia in Italia. "Quasi il 50% si trova al Nord (90), il resto al Centro (44 centri) e al Sud (49 centri). Circa un terzo delle strutture (36%, pari a 66 centri) svolge più di 20 sperimentazioni all’anno, il 12% oltre 60. La qualità degli studi è garantita anche dalla presenza, nel 72% dei casi, di procedure operative standard (Sop, Standard Operating Procedure), cioè checklist che consentono di produrre risultati di alto livello. Resta però il nodo, ancora irrisolto, della mancanza di risorse e personale: il 68% (124 centri) è privo di un bioinformatico e il 49% (89) non può contare sul supporto statistico. La fotografia è scattata dalla seconda edizione dell’ 'Annuario dei Centri di Ricerca Oncologica in Italia', promosso dalla Federation of Italian Cooperative Oncology Groups (Ficog) e dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom), un vero e proprio censimento delle strutture che realizzano sperimentazioni sui tumori nel nostro Paese, presentato oggi al Ministero della Salute. Oggi è la Giornata Nazionale dei Gruppi Cooperativi per la Ricerca in Oncologia, promossa da Ficog, un evento che si celebra ogni anno per sensibilizzare i cittadini sull’importanza dei trial clinici indipendenti.

"Devono essere strutturate figure professionali indispensabili, come i coordinatori di ricerca clinica (data manager), gli infermieri di ricerca, i biostatistici, gli esperti in revisione di budget e contratti. E la digitalizzazione, che consente di velocizzare e semplificare i trial, è ancora scarsa: solo il 43% utilizza un sistema di elaborazione di dati e il 37% una cartella clinica elettronica. Serve un cambio di passo per sostenere la ricerca accademica, anche perché, oggi in Italia, solo il 20% degli studi sulle nuove molecole contro il cancro è no profit", precisa l'Aiom.

“Questo volume analizza le caratteristiche di 183 centri, il 23% in più rispetto all’edizione dello scorso anno, contribuendo così a fornire un’analisi ancora più realistica dello stato della ricerca sul cancro nel nostro Paese – spiega Evaristo Maiello, presidente Ficog -. L’80-90% dei centri ha una radiologia accreditata in sede, è dotato di un’anatomia patologica, di un laboratorio analisi accreditato, di un laboratorio di biologia molecolare in sede e dispone di un ufficio amministrativo dedicato. Va però evidenziata una netta riduzione dello spazio per la ricerca indipendente, come emerso anche dal Rapporto dell’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) sulle Sperimentazioni Cliniche. In un anno (2021-2022), nel nostro Paese, gli studi clinici non sponsorizzati dall’industria farmaceutica sono passati dal 22,6% al 15% del totale. Una diminuzione di oltre il 7% solo in 12 mesi, che rischia di impoverire fortemente il sistema della ricerca no profit in Italia, soprattutto in aree molto critiche come l’oncologia”.

“Il potenziale della ricerca oncologica in Italia è davvero significativo e i nostri studi sono all’avanguardia, ma servono più finanziamenti pubblici – afferma Francesco Perrone, presidente Aiom -. Vi sono, inoltre, forti criticità nella disponibilità di personale e di una solida infrastruttura digitale. Oggi, in Italia, solo un quinto degli studi sulle nuove molecole contro il cancro è no profit. Questi elementi impongono un cambio di passo. Le sperimentazioni a fini regolatori sono paragonabili a ‘istantanee’ sull’efficacia e la sicurezza dei nuovi farmaci. Tuttavia, proprio come in un’istantanea, ciò che accade prima e dopo lo scatto potrebbe non essere messo a fuoco. I limiti intrinseci agli studi registrativi non consentono di ottimizzare l’uso di una terapia nell’intero percorso terapeutico del paziente”.

“La ricerca accademica può affrontare queste lacune e assolvere alla propria missione di migliorare la pratica clinica – continua Francesco Perrone -. Però è necessario un salto di qualità. Vanno previsti studi che non restringano l’attenzione sull’efficacia e tossicità di un singolo farmaco o di una singola associazione di farmaci in un segmento delimitato della storia naturale della malattia, ma guardino all’intero percorso di cura dei pazienti. È necessario riorganizzare i trial, creando protocolli adattativi, che si aggiornino con l’evoluzione degli scenari diagnostici e terapeutici e che guardino a ogni singolo snodo decisionale, rendendo esplicita ogni tappa del percorso di cura. In questo senso, gli studi di sequenza terapeutica possono ottimizzare l’efficacia delle opzioni terapeutiche disponibili”.

“Il potenziamento delle infrastrutture di ricerca accademica – sottolinea Evaristo Maiello – è fondamentale per accrescere la capacità di resilienza del sistema sanitario di fronte alle pandemie acute, come quella da Covid-19, e alle pandemie croniche, come quella rappresentata dal cancro. Proprio la ricerca accademica ha in sé le competenze e la forza per rinnovare la sua missione in una prospettiva di maggior armonizzazione con il complesso sistema degli studi sui nuovi farmaci e della loro valutazione a fini regolatori. Ma servono più risorse”.

 

 

15 Marzo
Foto: pixabay
Autore
Claudio Mascagni

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