Le donne riescono dove gli uomini falliscono
Sono arabe e israeliane, di credo e orientamento religioso differente, di destra e di sinistra, ma invocano la pace
Avrò paura il giorno in cui le donne saliranno al potere. Non lo dico per piaggeria ma per mera consapevolezza. Le donne mi hanno sempre affascinato per determinazione e senso di pragmatismo, hanno più coraggio rispetto agli uomini, forse perché infondono la vita dopo averla gestita. Per noi uomini, che siamo per natura sbrigativi e forse superficiali, la scintilla della vita è un attimo, uno schiocco di dita, spesso ritagliato in un atto di selvaggia bellezza, nelle donne invece l’amore prosegue. Per questo, forse, resta forte il legame, della donna, con la vita, con i figli. Va al di là del mero testosterone e del petto gonfiato dell’uomo che deve far prevalere la forza e non la ragione nelle contese.
Così, assisto sempre con un senso di straordinaria meraviglia quando le donne decidono di dire basta. Lo fanno tutte insieme. Sfatiamo subito un luogo comune: le donne non sono solidali tra di loro, ma nel momento finale lo sono eccome, non guardano ideali, colori, griffe, le differenze si azzerano. La prima volta che mi sono imbattuto in un corteo di donne che mi hanno inorgoglito come figlio è stato durante i Mondiali del 1978 in Argentina, faceva capolino qualche servizio su queste donne col capo coperto da un fazzoletto bianco, a simboleggiare il primo pannolino del nascituro, giravano attorno all’Obelisco di plaza de Mayo in moto antiorario, ogni santo giovedì che scendeva su quella disgraziata nazione, protestando in un rumoroso silenzio davanti alla Casa Rosada, il palazzo presidenziale, all’epoca calpestato dalla feroce junta militar. Quelle donne, Madres e Abuelas, chiedevano ‘a gran voce’ cosa ne era stato del destino dei loro figli, spariti di notte, inghiottiti nel nulla, ammazzati con i voli della morte, #desaparecidos e sepolti per sempre nell’oceano.
Oggi, rivedo quelle donne nei cortei nel mondo araboisraeliano che invocano la pace, che scelgono la vita alla guerra. Un corteo di profonda emozione è sfilato il 4 ottobre, 3 giorni prima dell’orrendo attacco sferrato da #hamaspalestine, poi si è rinsaldato in questi giorni di rabbia e tragedia, dove le emozioni possono travolgere la logica e la ragione. Invece, queste donne sono tornate a sfilare insieme, arabe, ebree, cristiane, palestinesi, israeliane, di destra e sinistra, senza distinguo. Alza la voce ancora più forte una di loro, Michal Halev, una delle madri di #womanwagepeace, l’associazione israeliana che dal 2014 unisce in nome della pace anche le donne arabe e di diverso credo e orientamento, la alza di più perché il 7 ottobre è divenuta orfana di figlio. Ma è ostinata, continua a urlare che un mondo di pace è possibile, grida che i bambini devono crescere nell’amore e non nell’odio, in modo da realizzare i loro sogni, sposarsi con la persona che amano.
A loro si sono unite le attiviste di #womenofthesun, l’associazione palestinese indipendente nata nel 2021 formata da un migliaio di iscritte. Invocano la pace, sostenute fuori dai loro territori, bersagliati dalla follia umana, da #lesguerrièresdelapaix, le guerriere della pace, donne riunite che hanno sede a Parigi: queste, prima hanno marciato con loro in nome della pace, oggi sfilano in cortei per chiedere una pace senza guerra e senza cancellare due popoli. Riusciranno gli uomini nell’intento?
Così, assisto sempre con un senso di straordinaria meraviglia quando le donne decidono di dire basta. Lo fanno tutte insieme. Sfatiamo subito un luogo comune: le donne non sono solidali tra di loro, ma nel momento finale lo sono eccome, non guardano ideali, colori, griffe, le differenze si azzerano. La prima volta che mi sono imbattuto in un corteo di donne che mi hanno inorgoglito come figlio è stato durante i Mondiali del 1978 in Argentina, faceva capolino qualche servizio su queste donne col capo coperto da un fazzoletto bianco, a simboleggiare il primo pannolino del nascituro, giravano attorno all’Obelisco di plaza de Mayo in moto antiorario, ogni santo giovedì che scendeva su quella disgraziata nazione, protestando in un rumoroso silenzio davanti alla Casa Rosada, il palazzo presidenziale, all’epoca calpestato dalla feroce junta militar. Quelle donne, Madres e Abuelas, chiedevano ‘a gran voce’ cosa ne era stato del destino dei loro figli, spariti di notte, inghiottiti nel nulla, ammazzati con i voli della morte, #desaparecidos e sepolti per sempre nell’oceano.
Oggi, rivedo quelle donne nei cortei nel mondo araboisraeliano che invocano la pace, che scelgono la vita alla guerra. Un corteo di profonda emozione è sfilato il 4 ottobre, 3 giorni prima dell’orrendo attacco sferrato da #hamaspalestine, poi si è rinsaldato in questi giorni di rabbia e tragedia, dove le emozioni possono travolgere la logica e la ragione. Invece, queste donne sono tornate a sfilare insieme, arabe, ebree, cristiane, palestinesi, israeliane, di destra e sinistra, senza distinguo. Alza la voce ancora più forte una di loro, Michal Halev, una delle madri di #womanwagepeace, l’associazione israeliana che dal 2014 unisce in nome della pace anche le donne arabe e di diverso credo e orientamento, la alza di più perché il 7 ottobre è divenuta orfana di figlio. Ma è ostinata, continua a urlare che un mondo di pace è possibile, grida che i bambini devono crescere nell’amore e non nell’odio, in modo da realizzare i loro sogni, sposarsi con la persona che amano.
A loro si sono unite le attiviste di #womenofthesun, l’associazione palestinese indipendente nata nel 2021 formata da un migliaio di iscritte. Invocano la pace, sostenute fuori dai loro territori, bersagliati dalla follia umana, da #lesguerrièresdelapaix, le guerriere della pace, donne riunite che hanno sede a Parigi: queste, prima hanno marciato con loro in nome della pace, oggi sfilano in cortei per chiedere una pace senza guerra e senza cancellare due popoli. Riusciranno gli uomini nell’intento?
1 anno fa
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