A Gaza manca di tutto
La testimonianza di Enrico Vallaperta, coordinatore medico Msf, appena uscito dalla Striscia
A Gaza l’emergenza è continua e i bisogni della popolazione sono enormi. Non c'è cibo a sufficienza, non c'è abbastanza acqua. I pochi ospedali nel sud della Striscia sono completamente sovraffollati e non c'è accesso a nessun tipo di assistenza. Lo denuncia Medici Senza Frontiere (Msf). "A Gaza l'emergenza è continua. Non mi sono mai trovato in una situazione del genere. Ho vissuto situazioni di emergenza, ma duravano sei, 12, 24 ore. Non abbiamo più parole per denunciare quanto la situazione a Gaza sia catastrofica", afferma Enrico Vallaperta, coordinatore medico di Msf a Gaza da poche ore rientrato in Egitto.
Vallaperta, un infermiere italiano di terapia intensiva che lavora con Msf dal 2017, ha partecipato oggi alla conferenza stampa organizzata da Msf al Cairo, insieme a Helen Ottens Patterson, coordinatrice Msf per l'emergenza a Gaza.
"Al nord di Gaza si muore per qualsiasi motivo e per qualsiasi malattia poiché le persone non hanno accesso nemmeno alle cure mediche di base - denuncia - Nella zona centrale la situazione peggiora di giorno in giorno. Più di dieci giorni fa siamo stati costretti a evacuare l'ospedale di Al-Aqsa, dove lavoravamo da più di un mese, a seguito di un ordine di evacuazione israeliano. Il giorno prima dell'evacuazione, un proiettile è entrato all'interno del reparto di terapia intensiva. Il giorno in cui abbiamo deciso di evacuare, è stato dato un ordine di evacuazione per l'area di fronte all'ospedale, a 150 metri, e la situazione era troppo insicura per tutto il personale a lavoro. Gli attacchi dei droni, il fuoco dei cecchini e i bombardamenti nelle immediate vicinanze dell'ospedale hanno reso lo spazio troppo insicuro per lavorare. Nei giorni successivi anche il personale del Ministero della salute ha deciso di evacuare per motivi di sicurezza e la maggior parte dei pazienti ha lasciato l'ospedale".
"Nel sud di Gaza la situazione è catastrofica per molte altre ragioni - prosegue - In un'area di pochi chilometri ci sono più di un milione e mezzo di persone rifugiate in aree assolutamente disorganizzate, costrette a proteggersi dalla pioggia e dal freddo con tende di plastica. L'inverno è arrivato a Gaza portando nuove sfide per oltre 1,9 milioni di sfollati. Le temperature possono scendere a circa 9-10°C durante la notte e per chi vive nelle tende la situazione è particolarmente disastrosa. La gente brucia i pallet per strada per riscaldarsi".
"Non c'è modo di soddisfare tutti i bisogni della popolazione. Non c'è cibo a sufficienza, non c'è abbastanza acqua. I pochi ospedali del sud sono completamente sovraffollati e non c'è accesso a nessun tipo di assistenza. E' necessario che entrino più aiuti a Gaza - rimarca - In questo momento, manca tutto. Ogni giorno ci sono nuove persone che cercano di trovare spazio per montare le tende. A Gaza anche poche semplici assi di legno possono salvare delle vite. So che può sembrare strano, ma sono necessarie per costruire nuovi letti. I letti sono indispensabili per il decorso post-chirurgico. Averne di più significa fare spazio a nuovi pazienti. Il legno serve anche per costruire stampelle e far uscire dall'ospedale persone che altrimenti non potrebbero muoversi. Lo spazio è il problema più grande. Qui non è mai abbastanza".
"Il numero di camion che entrano ogni giorno a Gaza è insufficiente, non sono nulla per poter fornire aiuti umanitari - continua - In questo momento, l'aiuto che tutte le organizzazioni stanno dando non è altro che una goccia nell'oceano dei bisogni. Un'azione umanitaria è quando si cerca di soddisfare i bisogni di una popolazione. Quello che sta accadendo a Gaza, quello che stiamo facendo come Msf e le altre organizzazioni presenti qui, non è un'azione umanitaria. E' un piccolo aiuto per qualcosa che nessuno ha mai visto prima. Nessuno ha mai visto una situazione simile. Ma non possiamo certo definire i nostri progetti come un'azione umanitaria".
"Non posso non pensare al figlio di sei anni di un autista di Msf. Circa un mese fa la sua casa è stata bombardata. Il bambino dormiva e si è risvegliato in ospedale dopo alcuni giorni. Purtroppo una parte del soffitto è crollata e lo ha colpito alla testa. Dopo un mese, non riesce ancora a muovere un lato del corpo. Al momento riesce a camminare ma non ancora a parlare. Non sarà più in grado di parlare. Tuttavia parla con il sorriso e questo suo nuovo modo di esprimersi è qualcosa che ti tocca nel profondo. Vedi che vorrebbe parlare, vedi che vorrebbe ritornare a una vita normale, ma purtroppo non può. E tutto ciò che fa - conclude - è sorridere. Un sorriso ti fa capire la risposta. E' qualcosa che, ogni volta che lo vedi, ti spezza il cuore”.
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