Il reintegro dell'infermiera non vaccinata
La testimonianza: 'Tanti sacrifici in questi mesi, volevo essere libera. E non mi sarei mai vaccinata, avrei cambiato lavoro'
"Indubbiamente il reintegro" anticipato a novembre da uno dei primi provvedimenti del Governo Meloni in materia di Covid "si vive come una liberazione. Avevamo sempre questa spada di Damocle sulla testa. Ma io ormai, arrivata a questo punto, avevo finito per prenderla con filosofia: con tutto quello che è emerso poi sui vaccini, certo l'ultima cosa che sognavo di fare era vaccinarmi per il reintegro. Ero ormai disposta a cercare altro nella vita. Ma non mi sarei assolutamente vaccinata". Anna (nome di fantasia) ha 54 anni ed è infermiera in un ospedale milanese. Le sue dichiarazioni, rilasciate all'Adnkronos Salute, non lasciano spazio a ripensamenti. La sua posizione è irremovibile, assicura.
Accetta di parlare, ma chiede che non venga reso noto il suo nome. Si sta preparando per il turno, quindi è già tornata al lavoro, nonostante abbia scelto di non vaccinarsi contro il virus Sars-CoV-2 e sia stata sospesa ad aprile scorso. E spiega perché: "Mi sono ammalata di Covid e sulla base dell'infezione avuta sono stata reintegrata. Adesso ero in attesa di nuovo di sospensione, ma rientravo in quei casi finiti un po' in stand by perché", a causa di alcune incongruenze sui tempi citati nei provvedimenti, "non era chiara per gli Ordini la linea da seguire". Il suo no, dice, "è a questo vaccino, non a tutti i vaccini", e riferisce di essere vaccinata per altre malattie e di aver vaccinato sua figlia "per tutto, ma non per Covid".
"Qualcosa sotto c'era - dice - Purtroppo era sotto gli occhi di tutti. Ma la paura che ci hanno fatto venire era tanta, abbiamo vissuto momenti di terrore quando c'è stato il Covid". Ora che di fatto l'obbligo vaccinale per i sanitari è caduto "sono contenta, per la libertà di tutti. Perché io sono per la libera scelta, il libero arbitrio. Ognuno doveva essere libero di fare ciò che voleva. Dal mio punto di vista era palese che la cosa fosse pilotata pro-vaccino fin dall'inizio - sostiene - Quando tu impedisci ai medici di mettere in atto delle soluzioni terapeutiche ed emetti un protocollo che dice 'tachipirina e vigile attesa', è chiaro che questo significava che i pazienti arrivano in ospedale in insufficienza respiratoria e tanti morivano".
Anna ne è davvero convinta: "C'è stata un po' una manovra, per ordine di altri presumo. Perché poi non potevi giustificare 9 mesi dopo un vaccino mai testato che chissà cosa conteneva. Dicono che l'Rna che hanno voluto iniettare alla popolazione si dissolve subito, ma siamo veramente sicuri? Non lo so. Io volevo solo essere libera", afferma l'infermiera che assicura: "Non ho paura di morire. Ho rischiato con il Covid - ammette - Ma sono stata curata a casa con Ippocrate", l'associazione che ha Mauro Rango fra i fondatori ed è finita più volte al centro delle polemiche per aver proposto cure domiciliari non autorizzate da enti regolatori e autorità sanitarie (l'elenco delle opzioni da loro usate, fatto dagli stessi medici della rete, include vitamine e integratori, aspirina, antibiotici, glucocorticoidi, idrossiclorochina, enoxaparina, colchicina, ossigenoterapia e ivermectina).
"Certo che se fossi rimasta a casa con tachipirina e vigile attesa sarei stata indubbiamente fra i ricoverati - dice - Ho preso il Covid quando avevano appena messo l'obbligo vaccinale. Detto questo, io voglio essere libera di decidere cosa fare della mia salute. Ho sacrificato tante cose in questi mesi". E alla figlia 22enne ha chiesto altrettanto, spiega. "Stava facendo un corso e le ho detto: non cercare neanche lavoro per ora, tanto non lo trovi, ti richiedono l'obbligo. Sono stata disposta a mantenerla disoccupata piuttosto che farla vaccinare. E lei non ha viaggiato, non ha fatto un po' di cose, ma alla fine è stata d'accordo. Mio marito invece ha fatto una dose. Si è arreso: io la faccio, mi ha detto. Doveva lavorare. L'ho lasciato libero pur dicendogli: per me puoi non farla, ci arrangeremo. Non è un operatore sanitario e, quando è scaduto il suo Green pass, lì mi sono imposta: non fare niente e basta, una dose è anche troppo. Poi le cose hanno preso una piega direi giusta, un po' come l'acqua trova la sua via".
Prima o poi, è convinta Anna, "le cose verranno a galla e piano piano stanno venendo". L'infermiera assicura di aver "rispettato i colleghi che si sono vaccinati e devo dire che sono stata anche rispettata. In tanti non condividevano, ma erano abbastanza per la libera scelta. Dicevo solo: siete intelligenti, lavorate nella scienza. Tanti però hanno dovuto farlo il vaccino, per lo stipendio. Ho fatto notare solo che, se avessimo detto tutti no, la cosa sarebbe morta lì. Invece è stato fatto. Perché comunque tu non potevi lavorare, non percepivi stipendio, non potevi viaggiare, non potevi essere libero. Io sono libera se posso fare quello che voglio, non perché posso prendere un aereo. La mia libertà è altro e non scendo a patti".
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