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Forza, fratelli d’Italia, prendiamoci l’Europa

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Berlino sarà pronta a tingersi di azzurro come la storia dice nel 1936 e il 2006? Ma sì

Berlino sarà pronta a tingersi di azzurro come la storia dice nel 1936 e il 2006? Ma sì. 
Oggi per noi si apre Euro24, in Germania, con finale vista Berlino. Certo, non c’è la cabala a supporto, e sappiamo quanto nel calcio conti più del potenziale della rosa: stavolta, maledizione, c’è un 4 nell’anno. È anche vero che dopo le Olimpiadi del ’36 e il Mondiale del 2006 manca l’Europeo per completare il triplete in quella terra che ci adora (‘i tedeschi amano gli italiani ma non li stimano, gli italiani stimano i tedeschi ma non li amano’ resta un luogo comune che è però universale e veritiero). Il palcoscenico della finale è sempre quell’Olympiastadion di Berlino inaugurato da Hitler per le sue Olimpiadi ariane andategli di traverso (grazie in eterno, Jesse Owens) dove gli azzurri trionfarono e dove, una vita dopo, Materazzi irretì Zidane: se nel 1936 l’Italia era considerata la favorita in assoluto per la filosofia di Vittorio Pozzo, padrone assoluto ai Mondiali 34 e 38, nel 2006 la truppa di Lippi seppe resistere ai marosi degli scandali calcistici in patria. E oggi? L’Italia proviene dalle polemiche ancora roventi di un cambio di guardia al timone, con l’addio ferragostano di Mancini, l’avvento improvviso di Spalletti, che ha rinunciato al buen retiro per tornare sulla panchina più ambiziosa per un tecnico. Ecco, Roberto Mancini: è sua la griffe vincente sull’ultimo Europeo. Oro Italia in un’altra terra che proprio non ci ama, quell’Inghilterra dove resta sempre valido il conio ‘gli italiani vanno alla guerra come a una partita di calcio e vanno a una partita di calcio come vanno alla guerra’. Oro da difendere, anche se è irritante giocare il torneo con l’ambizione massima di preparare le qualificazioni per partecipare al prossimo Mondiale, dopo due indigeste bocciature consecutive al torneo più affascinante. Questo è quello che serpeggia nell’ambiente. Fastidioso, anzichenò. 
Scattiamo stasera contro l'Albania, ebbri di gioia per il ricco medagliere europeo di atletica leggera. Corriamo in un’Europa che si è appena contata alle urne, con l’Italia che ospita i potenti del mondo in una Puglia che è ponte naturale tra culture diverse, tra un Occidente che si sente depositario della verità e un Oriente dove prioritaria è la sopravvivenza. 
È un Europeo anomalo, non solo per via del grande numero di squadre/nazioni partecipanti, segno inequivocabile di frontiere liquide, di confini che si spostano nel giro di un tempo relativo. Altro che i ricordi degli album Panini con differenze nette di quelle 8 nazioni che si contendevano il torneo, con i tedeschi dell’Est così diversi dai cugini dell’Ovest, come se provenissero da mondi paralleli, uni rappresentanti di quell’odiosa autarchia vanto della cortina di ferro e altri fieri portacolori del grasso capitalismo. Oggi le cortine sono solo di fumo, per fortuna. Se scorriamo fotogrammi dei calciatori notiamo che avremmo difficoltà a capire a quale nazione appartengano, testimonianza di un meticciato meraviglioso che ormai contamina il mondo. Cromosomi che si mischiano, Dna che si espande. Tant’è che non esiste più una cenerentola che in un match ne prende 8 con la massima velleità espressa di superare la propria metà campo. Il mondo cambia, il vecchio continente si trasforma, nella società e nel calcio, suo specchio più fedele. Peccato manchi la Russia, per via dell’alt imposto da Fifa e Uefa per l’aggressione bellica all’Ucraina. 
L’Italia di Spalletti è un meticciato di fratelli d’Italia, con il brasiliano Jorginho, con l’argentino Retegui, col nigeriano Folorunsho, col faraone El Shaarawi, coi portieri Donnarumma e Vicario protagonisti col Psg e col Tottenham, col grosso del treno azzurro che gioca nel campionato tricolore (Bastoni, Barella, Frattesi, Darmian e Dimarco vessilli dell’Inter campione d’Italia), con piccole grandi storie di uno su mille ce la fa (Gatti) e di riscatti e resurrezioni (Fagioli), con la grande capacità che abbiamo di esportare grandi strateghi in panchina (Rossi allena l’Ungheria, Tedesco il Belgio, Montella la Turchia, Calzona la Slovacchia…). 
Berlino non è poi così lontana. Forza, fratelli d’Italia, prendiamoci l’Europa. 
 
15 Giugno
Autore
Gian Luca Campagna

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