Le città? Sono induttori di patologie
Spesso inadatte per bimbi e anziani. Per ripensarle serve un'alleanza multidisciplinare
"Da circa 50 anni le nostre città da salutogeniche sono diventate patogeniche, luoghi non adatti per lo più per bambini e anziani. Le città sono infatti tra i peggiori induttori di malattie che siamo riusciti a creare per inquinamento ambientale, acustico e luminoso, per scarsa aggregazione sociale e mancanza di rapporto psicologico". Così Andrea Lenzi, ordinario di Endocrinologia all'Università Sapienza di Roma, intervistato in occasione del corso di aggiornamento dal titolo 'Città che cambiano il mondo: prendersi cura di spazi e persone' organizzato dall'Ordine dei medici di Roma. L'evento, di cui Lenzi è responsabile scientifico, si svolgerà giovedì 18 aprile, dalle ore 17 alle 20.45, all'Aula Roberto Lala dell'Omceo Roma.
Ma in città ci si ammala di più? "Esistono studi sperimentali condotti sugli animali- risponde Lenzi- e sui topolini è già stato dimostrato che c'è una differenza enorme tra chi vive in città e chi fuori. La medicina basata sulle evidenze nell'uomo è molto più complessa, per esempio sappiamo che l'inquinamento fa male ma è difficile dimostrarlo. Ci sono però alcuni studi sull'incidenza - ricorda Lenzi - per esempio del diabete a Roma, oggi molto più diffuso in zone periferiche come Tor Bella Monaca (con una prevalenza del 7%) rispetto a zone più centrali come i Parioli (con una prevalenza poco sopra il 5%)".
Interpellato su come potrebbero essere migliorate le condizioni di salute di chi vive in città, poi, Lenzi fa sapere: "La medicina da sola non ce la fa più. Per quanto noi oggi abbiamo a disposizione ottime terapie e biotecnologie diagnostiche ingegneristiche all'avanguardia non è prendendo una pillola che passa il 'mal di città'. Per scongiurare l'aumento di patologie - conclude - come l'obesità, il diabete o le cardiopatie abbiamo bisogno di una alleanza non più a silos ma multidisciplinare: ingegneri, architetti, urbanisti, amministratori locali, sociologi, psicologi ed epidemiologi, tutti insieme, devono lavorare per riportare la città ad essere un bene comune e non un terribile induttore di patologie".
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