In difesa del modello Riace
Il 26 febbraio sit in nel paese di Domenico Lucano per la vicenda dei migranti. L'appello 'restiamo umani' per sensibilizzare l'opinione pubblica
‘Restiamo umani’, ‘difendiamo il modello Riace’. E’ l’appello di un nutrito gruppo di uomini e donne al quale hanno aderito anche padre Alex Zanotelli, da sempre in prima linea nella difesa del lavoro di accoglienza dei migranti portato avanti dall’allora sindaco Domenico Lucano, e i missionari comboniani, che li porterà, il prossimo 26 febbraio, a riunirsi proprio a Riace, "per un’assemblea popolare, aperta e democratica, insieme a quanti sentono ’nel più profondo del proprio essere’ la disumana ingiustizia che si sta consumando sia nei confronti di Mimmo Lucano che verso quanti si impegnano strenuamente in pratiche di solidarietà e di accoglienza. Una assemblea che riprenda e rilanci un cammino condiviso e partecipato con Mimmo per una nuova umanità: con "più rispetto dei diritti umani, più pace che guerre, più uguaglianza, più libertà che barbarie".
"?Siamo donne e uomini con pluralità di storie e percorsi sociali e politici che in questi anni - a vario titolo - abbiamo incontrato, condiviso, partecipato all’universo di solidarietà ed accoglienza, ispirato dal pensiero e dall’azione di Mimmo Lucano e conosciuto in tutto il mondo come "Modello Riace". Tutto - ricordano i promotori dell’iniziativa- iniziò sul finire degli anni novanta con l’arrivo di un veliero di rifugiati giunti dal Kurdistan, spinto dal destino e dal vento verso le nostre coste. Dopo di loro son giunti a Riace, provenienti da circa venti nazioni, oltre sei mila richiedenti asilo. Il piccolo paesino di circa duemila abitanti, su impulso del sindaco Mimmo Lucano aprì le porte delle case abbandonate dai riacesi emigrati altrove, ripopolando e rivitalizzando un borgo semiabbandonato. Furono aperte scuole ed opifici, avviati corsi di lingua ed istituite borse lavoro, si attivarono servizi universali, quali un ambulatorio medico popolare, una nuova vita nacque dalla contaminazione culturale tra popoli in fuga - compresi i riacesi della "Restanza", rispetto al fenomeno dell'emigrazione - tessendo un filo di umanità solidale ed egalitaria che a differenza di quanto accaduto (e accade tutt’ora) strappò alle spire della manovalanza di mafiosi e caporali la fragile forza lavoro di tantissimi lavoratori senza diritti, allontanando al contempo gli interessi della criminalità organizzata da quel territorio".
Parlando del ‘modello Riace’, i promotori dell’iniziativa che vede tra quanti hanno aderito il missionario comboniano Alex Zanotelli, evidenziano che non è "solo un esempio dirompente ed alternativo di accoglienza che ha saputo rispondere al fenomeno strutturale e mondiale delle migrazioni, con il protagonismo dal basso tra i popoli e rispondendo con alterità alle disumane e securitarie pratiche di ripudio e chiusura dei porti e della solidarietà, ma un vero e proprio modello alternativo, democratico e partecipato di gestione della cosa pubblica. Su tutto vale ricordare la progettazione e l'avvio del percorso per rendere Riace completamente autonoma dal carrozzone regionale della Sorical sulle risorse idriche, tenendo fede al referendum popolare del 2011, con il fine di rendere veramente l'Acqua Pubblica; la brillante gestione - sempre comunale, autonoma e fuori dagli indicibili interessi presenti nel settore dei rifiuti in Calabria - della raccolta differenziata, portata avanti con il sistema del porta-a-porta e con il supporto degli asinelli, sostenuta da una isola ecologica volta a valorizzare al massimo il riciclo ed il riuso dei prodotti; la tutela del territorio costiero attraverso lo stop alla cementificazione ed alla speculazione edilizia. Forse la migliore definizione del "Modello Riace" fu coniato proprio da un funzionario della Prefettura di Reggio Calabria che, all’indomani di una dettagliata verifica su quanto accadeva nella gestione dei fondi per i migranti a Riace - a seguito del blocco dei pagamenti del 2017 - auspicava ’la prosecuzione di una esperienza che rappresenta un modello di accoglienza, studiato (come fenomeno) in molte parti del mondo’".
"Pochi mesi dopo, - sottolineano i promotori dell ‘iniziativa pro Lucano del prossimo 26 febbraio - suscitando incredibile stupore a livello internazionale, a Mimmo Lucano e ad altre/i operatori venivano contestati reati di vario tipo: associazione a delinquere, abuso d'ufficio, truffa, concussione, peculato e favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Il seguito è purtroppo noto: Mimmo fu Esiliato e, alla fine del processo di primo grado, condannato ad oltre tredici anni di carcere. Tuttavia i reati "specifici" contestati, non resistendo alla prova dei fatti, sono man mano decaduti durante il processo. Non c’è stata concussione, come confermato in aula dal principale teste dell'accusa, e men che meno peculato, considerato che a margine di intercettazioni e verifiche non è stato trovato un solo euro sul conto di Mimmo, mentre l’abuso d’ufficio ed il favoreggiamento di immigrazione clandestina, al netto delle richieste avanzate dallo stesso Ministero dell’interno nei peridoi caldi degli sbarchi, sarebbero riconducibili all’emissione di due carte d’identità: una per assicurare le cure ad una bambina di pochi mesi e l’altra per garantire una vita degna ad una ragazza proveniente dalla Nigeria, Becky Moses, fatta allontanare da Riace da una assurda quanto iniqua e disumana direttiva che considera le persone in scadenza e, in seguito, bruciata viva nelle tendopoli della vergogna di San Ferdinando, della cui morte chiediamo giustizia allo Sato italiano! In altri termini, resta in piedi l’associazione a delinquere in assenza, ormai, di alcun reato specifico da contestare, al netto delle farneticanti ipotesi su improbabili quanto inesistenti ’vantaggi politici’ perseguiti da Mimmo Lucano".
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