Le dimissioni del ct Mancini sanno di vilipendio della bandiera
Se dietro le sue improvvise dimissioni ci fossero le tentazioni dei petrodollari per guidare l'Arabia Saudita non ci sarebbero giustificazioni
Macedonia di sentimenti. Il prossimo impegno della Nazionale è proprio contro quella squadra che ci estromise dai Mondiali di Qatar 22. Sarà stato questo l’incubo di Roberto Mancini alla vigilia di Ferragosto per inviare una pec alla Figc in cui ha deciso unilateralmente di dimettersi? O saranno stati i sogni da nababbo che lo tormentano per via del ricco contratto presentato dalla nazionale dell’Arabia Saudita? A ora non è dato sapere, ma presto scopriremo motivi e altarini che hanno portato a una delle più grottesche e tristi pagine della storia del calcio italiano.
Eh sì, perché non c’è argomento più serio tra le cose frivole da affrontare sotto l’ombrellone o ai momenti conviviali di questi giorni festivi. Il calcio fa parte della storia, del folklore, della tradizione, della socialità, del costume del nostro Paese, è innegabile, sono poche le persone che ne restano ai margini tant’è che vengono anche fissate come dei paria della società. Abbandonare la guida della Nazionale alla vigilia di Ferragosto ha un effetto fragoroso, stamattina nei bar erano argomenti che toccavano la stessa intensità delle immaginarie dimissioni di Giorgia Meloni o di Papa Francesco: è una sorta di tradimento della patria o di gran rifiuto, al pari dell’abbandono sull’altare delle nozze di una sposa disorientata da parte di uno sposo che fino a qualche mese, giorno, ora prima aveva giurato amore eterno, sottoscritto e avallato liste di nozze, parenti e congiunti allargati, wedding planner, viaggio, nido d’amore e via cianciando.
L’addio alla Nazionale, simbolo di un popolo e di una nazione, non può avvenire in questo modo. Soprattutto dopo una brutta parentesi come il flop alle qualificazioni mondiali, quando al ct Mancini gli erano stati concessi poteri di supervisore sulle nazionali giovanili, seppure con defezioni (il vice Evani) e con nuovi ingressi (il capodelegazione Buffon). Questi i veri motivi? Un po’ debolucci. Attriti, gelosie, invidie, incomprensioni nel mondo del lavoro ce ne saranno sempre. Certo il ct Mancini va cantato per la conquista di Euro 20, aveva rivitalizzato per un attimo il nostro calcio maltrattato da se stesso e forse vanno compresi anche i motivi che lo hanno portato a questa improvvisa decisione, semmai conosceremo la vera verità. Ma se avesse presentato le dimissioni per sedersi sulla panchina di un’altra Nazionale in nome dei petrodollari che dominano la scena calcistica mondiale in questo periodo non ci sarebbero giustificazioni che tengono. È tradimento. Un autentico vilipendio della bandiera tricolore, quella che ha sempre fatto divampare la passione di un popolo che si è sempre unito in nome del pallone.
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