Le vite nascoste dei migranti
Storie vere raccolte in prima persona: le loro vite nascoste in 'Una goccia nel mare' di Signorini, vice prefetta all'immigrazione
Un gommone in mezzo al mare in tempesta, tante, troppe persone ammassate a bordo e, in alto, una scritta "Grazie Dio!". Sono immagini dolorose a cui ci siamo ormai assuefatti: sono entrate a fare parte del nostro vivere quotidiano malgrado la loro crudezza. L’espressione di quei volti stanchi in tv, che a guardarli bene ci parlano di fatica, se non di atrocità trascorse, è davvero sincera. La paura li ha segnati, non dimenticheranno. "Qualunque sia il dio ringraziato dal giovane sopravvissuto, il suo disegno a colori testimonia il profondo attaccamento alla vita, il desiderio di futuro". Di un futuro purchessia, ma diverso da quanto ha lasciato alle sue spalle. Michela Signorini, già vice prefetta, gli ultimi dieci anni con incarichi al Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione, quei volti li conosce e, a volte, li ha riconosciuti.
"I migranti -spiega - sono ‘costretti’ a lasciare casa e affetti, patria e identità. Nel mondo rappresentano un numero in costante crescita, un aumento proporzionale rispetto a guerre, carestie, distruzione, disuguaglianze economiche e sociali". Il suo lavoro è stato proprio questo: intervistare, intervenire, integrare nella legalità, ma soprattutto comprendere. E quest’ultimo verbo, con tutto il corteo delle implicazioni che comporta, è stato forse quello più complesso, più difficile da assimilare.
Quante volte è entrata nelle vite private degli altri, quante volte ha dovuto conciliare razionalità e compassione? "Il mondo dell’immigrazione mi ha travolto quasi per caso -racconta- ma in fondo ho dovuto riconoscere che era tracciato nel mio Dna da sempre". La sua storia è una trama in cui memorie familiari di luoghi lontani si sono intrecciate al presente, mescolandosi ai drammi vissuti dagli ‘ultimi’, come vengono chiamati nella nostra moderna e poco empatica società. Le vite di uomini, donne e bambini che esistono e resistono all’orrore.
Qual è la differenza tra un rifugiato e un richiedente asilo? Cosa significa ricollocamento? Quali leggi regolano questa realtà così complessa, a volte perfino ostile? "Le risposte a queste domande ci riguardano in prima persona perché descrivono la società in cui viviamo, che si trasforma sempre più velocemente. Abbiamo avuto il privilegio di nascere, senza merito, dalla parte giusta del pianeta e abbiamo per questo il dovere etico e morale di pareggiare i conti con il destino ricevuto in sorte". Signorini prova a raccontare -con determinazione, ma anche con ironia- quanto sia importante 'restare umani' in situazioni che spesso sono al limite. Al limite della decenza, del praticabile, del conosciuto, del credibile. Quando la misura è colma e la sopportazione pure. Quanto pesi a volte essere giusti, quanto costi psicologicamente e umanamente partecipare, senza lasciarsi trascinare.
"Non esistono -afferma convinta- verità assolute, ma ?ogni testimonianza ricostruita e ogni fotografata scattata sottolineano la medesima considerazione: l’unica risorsa possibile che abbiamo è la solidarietà. Tutti siamo chiamati a collaborare, nessuno escluso, ciascuno come vuole e può. "Mi dovevo chiamare Federico -così inizia la sua storia personale- dopo due figlie femmine, la famiglia confidava in un maschietto. Contro ogni aspettativa sono arrivata io: Michela Parisina. Anche se sono nata a Pagini, le mie radici partono dal lontano continente africano e sono segnate dalla guerra e dal dolore di una separazione familiare lunga e difficile".
Una volta rientrata a Roma si è laureata in giurisprudenza e, dopo un breve periodo all’Alitalia, ha iniziato la sua carriera come funzionario prefettizio presso il ministero dell’Interno fino al 2019, rivestendo incarichi diversificati. Ha trascorso quasi 18 anni presso vari uffici del Dipartimento della Pubblica Sicurezza, ha conosciuto e stimato, più di tutti, il Capo della Polizia prefetto Antonio Manganelli, l’uomo "con l’anima di sbirro", ma anche il "poliziotto col sorriso", che amava la musica di Peppino di Capri. Per il magistrato Giovanni Falcone, ricorda, era il "detective dalle indagini perfette". Fino ad arrivare all’inizio degli anni Novanta, quando l’Italia si trovò a fronteggiare il flusso migratorio proveniente dall’Albania: anche allora, in tempi non sospetti, qualcuno propose: 'Aiutiamoli a casa loro'. Un disastro annunciato".
Seguirà l’ingresso nel contesto legato ai fenomeni migratori. Ad una riunione informale a casa di una collega conosce Fabrizio Gatti, il giornalista che sotto copertura raccontò, per averlo vissuto ‘in diretta’, il fenomeno del ‘caporalato’, pubblicando dei servizi sull’Espresso che destarono scalpore. A quell’incontro era presente anche Laura Boldrini, all’epoca portavoce dell’Unhcr, l’Agenzia Onu per i rifugiati, per molti anni testimone in prima linea, dall’Afganistan al Sudan, dall’Iran all’Iraq: "dalle sue parole emergeva un mondo ai confini con la realtà. Fu allora che decisi di impegnarmi nell’ambito della tutela dei diritti umani".
Per circa 10 anni nel ‘pianeta immigrazione’ fino all’ultimo incarico, quale presidente di una delle sezioni della Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di Roma, che fa parte delle commissioni esaminatrici delle richieste d’asilo. Una realtà poco nota, se non per spot strumentali ad effetto. E per tanti luoghi comuni. "Le vicende di quei mondi fuori dai nostri confini sono in continua evoluzione, soggetti a mutamenti politici e sociali: conflitti, guerre, epidemie, violazioni dei diritti umani, un groviglio di situazioni ingestibili e invivibili". E poi, fra le memorie ritrovate, alcuni incontri ‘speciali’, come i pochi attimi passati con Madre Teresa di Calcutta conosciuta ai tempi dell’Alitalia; o con Claudio Baglioni, entrambi in veste ‘istituzionale’, in occasione della giornata mondiale del rifugiato; infine, la stretta di mano di Papa Francesco, a cui ha scritto una lettera, ricevendone risposta. Episodi di vita vera, ricca di umanità.
"Una goccia nel mare" sarà presentato domani alla XXXV edizione del Salone del Libro di Torino 2023, nello stand curato da Europa Edizioni, dedicato alla collana Chronos, "Autobiografie di cittadini. Vite da raccontare", legata all’Unicef per il sostegno di un progetto sull’educazione femminile in Niger. Un altro incontro si terrà venerdì 19 maggio ad Altare (provincia di Savona) a Villa Rosa, sede del Museo dell’Arte Vetraria Altarese, nell’ambito della rassegna ‘Sol de Mayo’ (Comitato per i gemellaggi del comune di Altare ‘Altaresi nel mondo’). All’incontro, inserito nella tematica ‘migrazioni e diritti umani, saranno presenti il prefetto di Savona e il sindaco di Altare, borgo del vetro soffiato inserito nel contesto del Polo Museale della Liguria.?
Commenti