Cookie Consent by FreePrivacyPolicy.com
Loader

Il ritorno al nucleare coinvolge Latina

nucleare.jpg

L'idea di riattivare le centrali accende il dibattito sì/no per la prima centrale in Italia che è sorta a Borgo Sabotino

Nucleare sì? Nucleare no? Nucleare forse? Di fronte all’energia alternativa (a quella fossile, petrolio e carbone in primis) che incontra i favori delle nuove (e vecchie) generazioni e degli ambientalisti ecco formarsi la frangia degli ultrambientalisti che si oppone a ogni forma di progresso, non fornendo soluzioni di sorta.
L’allarme (?) a Latina e dintorni è scoppiato quando Gian Luca Artizzu, amministratore delegato di Sogin (Società per la gestione degli impianti nucleari), la società che gestisce lo smantellamento delle vecchie centrali, partecipando al convegno organizzato dalla Lega dal titolo inequivocabile “Il nucleare sostenibile: l’Italia riparte!” ha ipotizzato il ritorno dell’energia nucleare. E Latina, nello specifico Borgo Sabotino, ha ospitato dal 1963 la prima centrale d’Italia (e la seconda in Europa), fermata in nome del referendum del 1987 dopo l'esplosione di Chrenobyl.

L’ad Artizzu è stato chiaro che i siti come quello di Borgo Sabotino, progettati per ospitare impianti nucleari, sarebbero idonei a rinnovate installazioni. “Per un ritorno al nucleare, oltre alle sue competenze, Sogin mette a disposizione i siti delle vecchie centrali che stiamo smantellando. Noi smantelliamo gli impianti, non smantelliamo i siti. Questi sono stati progettati e manutenuti come siti per ospitare una centrale nucleare e sono la naturale destinazione per un futuro nuovo impianto" queste le sue parole durante il convegno di Milano. Parole a vanvera? Mica tanto. Il governo Meloni è stato chiaro. Per una propria autonomia energetica è (forse) inevitabile tornare al nucleare. Questi i propositi all’indomani della nomina a Palazzo Chigi, già acuiti dalla guerra in Ucraina che avevano bloccato i rifornimenti di Gazprom in seguito alle sanzioni alla Russia, che spinse il governo Draghi a cercare produttori alternativi nell’area maghrebina, pur confermando l'importazione di energia dalle centrali nucleari di Francia e Svizzera, poste sul nostro confine. Ma la strada per l’autonomia è rimasta lunga. E di fronte a forti resistenze sugli impianti a biometano (basti pensare alla demagogia che ancora oggi sconta l’hub energetico IndEco che sorge sulla ex discarica di Borgo Montello) o a biogas (quello che dovrebbe sorgere a Borgo Carso nonostante i ricorsi del Comune di Latina) inevitabile che la politica, associazioni e liberi cittadini siano insorti appena le parole di Artizzu sono rimbalzate in Palude. E sì, perché il nucleare di nuova generazione potrebbe essere la nuova scommessa per contrastare la crisi energetica e il cambiamento climatico, ma a Latina e dintorni il ‘no’ è stato trasversale, ha unito come un gol segnato dalla Nazionale di Spalletti. E chi è possibilista apre alla condivisione democratica delle decisioni, coinvolgendo la popolazione, come se alla classe politica non spetti il ruolo guida ma quello di soluzioni pilatesche. È il caso di Gianluca Di Cocco, assessore ai trasporti e alla Marina, area FdI, che dichiara “la paventata riapertura di una centrale a Latina è argomento di rilevante interesse pubblico, che richiede un’analisi accurata e un confronto ampio. Prima di avanzare o proporre qualsiasi ipotesi, è essenziale coinvolgere la cittadinanza in un dialogo aperto. La popolazione locale che ha dato tanto in termini di servitù, deve avere l'opportunità di esprimere le proprie preoccupazioni e considerazioni, in quanto sarà direttamente influenzata da decisioni che possono impattare sulla salute, sull'ambiente e sull'economia del territorio. Inoltre, è fondamentale consultare esperti del settore, come geologi e tecnici, per comprendere appieno le dinamiche legate all'uso del nucleare di nuova generazione. Questi professionisti possono fornire preziose informazioni riguardo alla sicurezza della zona, alle tecnologie moderne che garantiscono una gestione più sicura dei rifiuti e alla sostenibilità dell'energia nucleare rispetto ad altre fonti energetiche, ma è doveroso fare capire bene di cosa si parla. In definitiva, il processo non dovrebbe e non può limitarsi a un'iniziativa politica, ma deve essere caratterizzato da un'ampia partecipazione della comunità e da un'analisi scientifica rigorosa”.
Lo stesso pensiero è stato espresso dal deputato regionale Enrico Tiero (FdI) che “personalmente sono favorevole al nucleare ‘sicuro’ di quarta generazione. Ma è innanzitutto una questione di metodo. Considero imprescindibile che vengano ascoltati i residenti, la popolazione e l'intera comunità locale su un tema di grande impatto ambientale e sociale. Io dico 'no' a decisioni calate dall'alto sulla testa della gente”.
Il fronte del centrosinistra è invece netto sul ‘no’. Alleanza Verdi Sinistra con il comitato di Latina possibile, ricorda “i 60 anni di centrale nucleare, ancora da smantellare, e i 50 anni discarica di Montello”, domandandosi poi cosa significhi “nucleare sostenibile? Forse quello di quarta generazione, che ancora non esiste?”. Un “no” secco è quanto ha espresso il capogruppo M5S in Consiglio comunale, Maria Grazia Ciolfi, per la quale “si parla di reattori di nuova generazione, ma la realtà è che questi impianti non esistono ancora, e l’idea di un nucleare pulito resta un’ipotesi teorica. Intanto si torna a mettere in discussione territori come il nostro, già segnati da servitù ambientali pesanti. Il 19 giugno 2024 è stata approvata all’unanimità una mozione del M5S che dice no alla riattivazione della centrale. La sindaca si è impegnata a portare questa posizione agli organi competenti. Ora è il momento di dare seguito a quell’impegno e puntare sulle rinnovabili, che sono già disponibili, sicure e sostenibili”. È la stessa linea anche del Pd, espressa dal capogruppo Valeria Campagna: “Latina ha già pagato un prezzo altissimo in termini di servitù ambientali e industriali. Dietro parole rassicuranti e tecnicismi si cela una proposta che mette nuovamente a rischio il nostro territorio. Tornare oggi sulla scelta storica del referendum del 1987 significa ignorare non solo la memoria ma anche il futuro: per il ritorno al nucleare servirebbero anni, miliardi di euro e i risultati, se arrivassero, sarebbero fuori tempo massimo. Invece di rincorrere illusioni costose e pericolose, serve un piano serio e immediato per le energie rinnovabili, come già fanno molti paesi europei”.
E quindi? È maturo il tempo per un’accelerata alla produzione di energia elettrica dalle fonti rinnovabili? Anche qui la risposta è ‘ni’ se non un ‘no’, perché il fenomeno della costruzione di nuovi impianti ha il destino del Nimby (in inglese per Not In My Back Yard, letteralmente "Non nel mio cortile sul retro") o, peggio, del Banana (Build Absolutely Nothing Anywhere Near Anyone cioè “Non fare assolutamente nulla dove che sia"). Eppure, solo agli inizi di aprile alla IV edizione del Forum Energia del Lazio di Legambiente i report erano abbastanza chiari: nel Lazio si consuma più energia di quella che si produce, e per contenere i costi nelle bollette la soluzione resta incentivare le fonti rinnovabili. È vero che nel Lazio, rispetto al 2023, le rinnovabili sono aumentate (11%) ma si resta lontani dall’obiettivo. Il nome dell’obiettivo in questione è il Per, il Piano energetico regionale. Il documento descrive una serie di misure atte a raggiungere lo “scenario obiettivo” di incremento dell’efficienza energetica e dello sviluppo delle fonti rinnovabili: il raggiungimento del 38% di quota regionale di energia rinnovabile elettrica e termica sul totale dei consumi entro il 2050 e la limitazione dell’uso di fonti fossili dell’80% (rispetto a quanto prodotto nel 1990) sempre entro il 2050.
Nel Lazio la produzione di energia elettrica destinata al consumo nel 2023 è stata di 10.637,27 GWh, il 26,1% in meno rispetto al 2022. Di questi, solo il 31,7% è arrivato da fonti di energia rinnovabile. Come anticipato, il Lazio è la tredicesima regione per produzione di energia pulita. Questo nonostante sia aumentata, tra il 2022 e il 2023, la produzione tramite fonte idroelettrica (+35,4%), eolica (+6,7%), e fotovoltaico (+5,9%), che nel 2023 ha costituito il 70% dell’energia pulita prodotta nella regione.

La partita del nucleare è aperta.

26 Aprile
Autore
G. C.

Commenti