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Pace sì ma senza Brasile e India

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In Svizzera bicchiere mezzo pieno: dopo oltre due anni di guerra, la parola “pace” compare nei discorsi di tutti i protagonisti

Bicchiere mezzo vuoto: il summit sulla pace in Ucraina voluto dalla Svizzera finisce con un comunicato sottoscritto dalla maggioranza dei Paesi partecipanti, ma con defezioni pesanti, inclusi giganti come l’India, l’Indonesia, il Brasile e il Messico. Bicchiere mezzo pieno: dopo oltre due anni di guerra, la parola “pace” compare nei discorsi di tutti i protagonisti, a partire dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky e anche nel breve discorso tenuto dalla presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, fin dall’inizio dell’invasione russa tra le sostenitrici più determinate del governo di Kiev e tra i leader più vocali contro il presidente russo Vladimir Putin, insieme alla presidente del Parlamento Roberta Metsola e al presidente del Consiglio Europeo Charles Michel.

Dei 160 Paesi invitati dal governo svizzero, 92 (93 con la Svizzera, padrona di casa) si sono presentati effettivamente al Buergenstock, un resort extralusso con contorno di ristoranti e spa appollaiato su una cresta con una magnifica vista sul Lago dei Quattro Cantoni (in realtà ne tocca cinque, ma prende il nome dai quattro cantoni ‘storici’, Uri, Svitto, Untervaldo e Lucerna: il cantone storico di Untervaldo oggi è diviso in due, Obvaldo e Nidvaldo). Il complesso di fabbricati in quota è stato scelto come luogo per il vertice perché molto facile da mettere in sicurezza, a scapito dell’efficienza (i tempi di trasferimento sono biblici): allo scopo, oltre alla polizia, Berna ha dispiegato l’esercito, noto per la sua efficienza malgrado la storica neutralità della Confederazione. La Russia non è stata invitata, perché secondo Berna avrebbe comunque rifiutato; la Cina ha preferito non inviare nessuno, secondo Zelensky a causa delle manovre di Mosca.

Il contesto bucolico, tra alpeggi costellati di vacche al pascolo con tanto di campanacci al collo e nibbi bruni in volteggio, potrebbe aver favorito i lavori delle delegazioni. Il comunicato finale, sottoscritto da un’ottantina di Paesi, inclusi tutti i membri dell’Ue (comprese Ungheria e Slovacchia, le più sospettate di simpatie verso Mosca), afferma che la Carta delle Nazioni Unite, che prevede i principi del rispetto “dell’integrità territoriale e della sovranità di tutti gli Stati”, può servire e servirà come base per raggiungere una pace “globale, giusta e duratura” in Ucraina”. Il comunicato individua poi tre aree di comune interesse sulle quali lavorare per circoscrivere una guerra devastante che va avanti da oltre due anni, con immense perdite sul piano umano ed economico per entrambi i belligeranti.

Si tratta della sicurezza nucleare, che dovrebbe essere interesse di entrambe le parti: il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha parlato esplicitamente di fare della centrale nucleare di Zaporizhzhia, occupata dai russi, una zona franca; della sicurezza alimentare, che interessa molti Paesi del cosiddetto Sud del mondo, grandi compratori dei prodotti agricoli dell’Ucraina; e dei prigionieri, inclusi i bambini ucraini rapiti e deportati dai russi. Hanno firmato il comunicato un’ottantina di Paesi: Volodymyr Zelensky ha parlato di 84, contando probabilmente anche le tre istituzioni Ue e il Consiglio d’Europa.

Nonostante il contenuto rappresenti un minimo comun denominatore apparentemente poco controverso, le defezioni sono state pesanti: Armenia, Colombia, India, Indonesia, Libia, Messico, Arabia Saudita, Sudafrica, Thailandia ed Emirati Arabi Uniti non hanno sottoscritto il comunicato. Non lo ha fatto neppure il Brasile, che però partecipava come osservatore (anche il Vaticano era presente in questa veste e non ha firmato). La lista dei ‘dissidenti’ include il Paese più popoloso del mondo, l’India, e colossi come l’Indonesia, il Messico e il Brasile. Insieme, gli undici (senza contare la Santa Sede, che è un caso particolare e che comunque ha meno di 900 abitanti) contano qualcosa come 2,25 mld di abitanti. Se a questi si aggiunge la Cina, che non ha mandato nessuno, si arriva a 3,66 mld di persone, quasi la metà della popolazione mondiale.

Il presidente Zelensky, comunque, non si scoraggia: “Dobbiamo rispettare le opinioni di tutti i Paesi - dice - quanto ai numeri, 84 Paesi si sono uniti immediatamente, gli altri vedremo. E’ un risultato molto serio, credo sia un grande successo”. Lo stesso Zelensky ha parlato esplicitamente di un secondo summit, per arrivare alla pace. “Siamo in guerra - ha detto - non abbiamo tempo per lavori prolungati. Muovere verso la pace significa agire velocemente. I preparativi dureranno mesi, non anni. Quindi, quando i piani di azione per la pace e ogni passo sarà stato compiuto, apriremo un secondo summit per porre fine a questa guerra, per una pace giusta e duratura”. A un certo punto, ha aggiunto, “il piano sarà passato ai rappresentanti della Federazione Russa e vedremo se saranno pronti a finire la guerra”. 

17 Giugno
Foto: pixabay
Autore
Giada Giacomelli

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