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Antonio Pennacchi torna nell'Autobus di Stalin

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Sarà l'attore Clemente Pernarella a riportare sulla scena teatrale una serie di riflessioni dello scrittore Strega 2010 sul comunismo e lavoro collettivo

L’Autobus di Stalin è il titolo di un breve saggio che Antonio Pennacchi scrisse nel dicembre del 2004 per un numero della rivista Limes dedicato alla Russia. Lo scritto, che suona nel sottotitolo come un “appunti per un ELOGIUM” ha a tutti gli effetti i toni di una apologia del dittatore Sovietico e, ovviamente, non manca di suscitare clamore e polemiche.

L’idea di ampliare il testo immaginandone una trasposizione teatrale, elaborandolo in chiave saggistico-drammaturgica, è di poco successiva all’uscita su Limes. Il presupposto di fondo è che l’iperbole dialettica che sottende alle tesi espresse nello scritto possa avere un fondamento qualora l’analisi sia spostata sul piano etico, intendendo per ethos una partecipazione umana al caso storico partecipata e giustificata dal contesto in cui si manifesta il comportamento esposto.

 Nella logica dell’operazione il testo collocandosi del palcoscenico aggiunge la dimensione del pathos obbligando l’analisi dei presupposti tematici a vacillare fino allo spaesamento e al riconoscimento della necessita di nuove e diverse categorie di indagine storica, “una nuova teoria della storia”, e di sistemi politici. Non è solo la scomparsa dell’autore il motivo del ritorno al testo. Per quanto Pennacchi abbia inciso come nessun altro sulla storia del  territorio pontino tuttavia le considerazioni che hanno portato a ritenere opportuna e necessaria l’operazione hanno una dimensione che prescinde le logiche localistiche. Tutta l’opera di Pennacchi per ammissione dello stesso autore poggia su radici assolutamente biografiche che, come accade solo per i grandi autori, divengono elementi universali del racconto e del dramma.
 
Nel caso dell’Autobus pesano il sentimento di appartenenza al proletariato e alle istanze ancora vive delle classi sociali più svantaggiate, il passato da operaio e la strenua difesa dei valori collettivi naufragati, dal punto di vista ideologico, con la caduta del muro di Berlino. Certamente, in questo scritto come nel resto della sua opera, la sensibilità nei confronti di alcuni temi si acuisce attraversando il processo mitopoietico che l’autore mette in atto ponendo il territorio della provincia di Latina al centro del sistema di analisi e narrazione. La migrazione indotta dallo sviluppo economico, la nascita di una comunità senza presupposto storico e culturale, il concetto di collettività, da elementi biografici divengono nell’”Autobus di Stalin” cardini del processo logico, categorie appunto universali.

Lo spettacolo “L'autobus di Stalin” è uno dei primi frutti della collaborazione tra Antonio Pennacchi e l'attore e regista Clemente Pernarella che nel tempo ha visto nascere due diversi studi per una messa inscena di “Canale Mussolini” il romanzo vincitore nel 2010 del Premio Strega, di un cortometraggio “Occhiverdi” tratto da uno dei racconti della raccolta “Shaw 150” e di una mise en espace di “Camerata Neandertal”.

La trasposizione teatrale de “L'autobus di Stalin” interpretata e diretta da Clemente Pernarella andrà in scena al Teatro Fellini di Pontinia il 19 e il 20 novembre alle ore 20.45. Per la storica struttura pontina che  fa della identità collettiva uno dei suoi principali obiettivi, questo appuntamento assume un peso ed una importanza particolare, per questo motivo  a corollario dello spettacolo ci saranno due iniziative:

Info  e prenotazioni 3925407500 / 3292068078 / www.fellinipontinia.it

L’AUTOBUS DI STALIN
Worst Case

di
Antonio Pennacchi
con
Clemente Pernarella
musiche dal vivo
Roberto D’Erme e Massimo Gentile
Regia
Clemente Pernarella
Videoproiezioni
Nicholas Perinelli
Disegno luci
Gianluca Cappelletti
Musiche
Angelo Longo


Note di regia
Durante un viaggio, forse in autobus, nasce la riflessione che, attraverso l'esame di alcuni casi estremi ( nel linguaggio informatico worst cases), conduce il protagonista ad un'analisi originalissima di quella società occidentale a cui tutti noi apparteniamo ed alla quale troppo facilmente concediamo l'appellativo di “democratica”. Una sfida forte e chiara ai luoghi comuni ai pregiudizi politically correct che il sistema mass-mediologico spesso ci propina, indebolendo inesorabilmente la nostra capacità di critica e la autonomia di giudizio. La necessità di ripensare alcune teorie derivate da un certo revisionismo storico permea la riflessione circa l’opportunità di una nuova e diversa teoria della storia. Il testo, nato come una “apologia di Stalin”, procede poi per derivazione toccando le innumerevoli contraddizioni delle critiche alla ideologia socialista e al tentativo sovietico del socialismo reale.
Ne nasce una riflessione accorata che diventa di passaggio in passaggio una disperata ammissione di debolezza e al contempo una veemente affermazione di potenza. Una analisi lucida delle ragioni di fondo della lotta di classe e della necessità della fede nelle ideologie egualitarie. L’urgenza della trasposizione teatrale risiede nella profonda umanità del percorso di indagine. Laddove ethos e logos potrebbero non sostenere la plausibilità della tesi esposta, a tutti gli effetti estrema, il pathos, categoria assolutamente teatrale, sposta l’asse dell’analisi e della comprensione riunendo gli opposti e sovvertendo il piano del discorso. Disancorata da ogni possibilità razionale la logica ricompone un quadro etico nuovo, diverso non reale ma possibile.  Il teatro è la sede primigenia della comunicazione interpersonale, il luogo del rito sociale per eccellenza dove è possibile ripensare concetti altrove difficilmente comprensibili. E? il luogo dove all’uomo è dato vedersi e riconoscere i propri difetti così come le proprie potenzialità. E quel che fa di un essere umano un essere umano è la possibilità di interrogarsi sul senso delle proprie azioni, e qui il punto: la nostra società, occidentale e capitalistica, ha espresso il proprio giudizio storico si è data le risposte necessarie per metabolizzare il proprio passato ed affrontare serenamente il futuro. Ma siamo certi di essere riusciti a formulare tutte le domande necessarie a questa operazione? Siamo sicuri del fatto che la storia, così come è intesa, quella dei manuali, possa esaurire ogni dubbio?

2 anni fa
Autore
Claudio Mascagni

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