Quelle bugie che ci coinvolgono tutti. Anche quella del perdono
L'omicida di Giulia Tramontano mente su tutto, ma la sua vita è sacra. Il diritto lo preserva dalla pena di morte, ma anche questa è una menzogna
Un castello di bugie con le fondamenta di sabbia. L’omicidio di Giulia Tramontano da parte del convivente Alessandro Impagnatiello assume ogni giorno che passa contorni sempre più orrendi e disgustosi. Orrendi già per il fatto in sé (la vita umana è sacra), amplificati da quella mancanza di pietà da parte dell’omicida, disgustosi per il cumulo di menzogne sparse a chiunque. Ed è questo che risalta in questa storia al di là del macabro epilogo e di una premeditazione che risulta sempre più concreta col trascorrere del tempo. Così, dall’esame autoptico è emerso che alla povera Giulia sono state sferrate 37 coltellate, quando nella sua confessione l’omicida aveva specificato di aver inferto pochi colpi e soprattutto successivi al maldestro tentativo di lei di auto infliggersi delle coltellate. Un castello di menzogne continuo, reazione istintiva per sfuggire alle sue responsabilità, ma negando addirittura quello che sarebbe risultato già evidente a una prima analisi a occhio nudo. Una vita votata alla bugia, quella di Alessandro Impagnatiello, che va oltre il profilo del narcisista manipolatore. Qualcuno azzarda la pena di morte per il barman assassino, tirando fuori la possibilità di un referendum per trasformare in legge la reazione umana. Eppure il senso di civiltà dell’Occidente acquisito da secoli di dibattito dovrebbe respingerne il solo pensiero. Anche mentendo a se stesso, soffocandone la reazione più istintiva, perché diventa difficile soffocare il sentimento di vendetta coltivando con grande difficoltà quello del perdono e dell'amore, che restano i veri motori della vita.
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