La patologia da pneumococco si può prevenire
Rischio più elevato di polmonite invasiva in bimbi e over 65 e 250mila ricoveri per polmoniti l'anno, 70% tra over 65
"I dati del nostro studio sull'andamento delle polmoniti in Italia, pubblicato nel 2023", indicano che nel decennio 2010-2019 "si sono verificati circa 2,5 milioni di polmoniti ospedalizzate. Ogni anno si registrano in Italia circa 250mila polmoniti che richiedono l'ospedalizzazione e pertanto vanno considerate di grado severo. Circa il 70% riguarda soggetti al di sopra dei 65 anni di età e affetti da malattie croniche". L'età si conferma quindi "il fattore che espone al maggior rischio di contrarre la malattia e alla maggiore severità di malattia pneumococcica, ma queste patologie si possono prevenire con la vaccinazione. L'innovazione tecnologica a livello vaccinale aiuterà ad avere prodotti sempre più performanti. Il vaccino 21-valente è una rivoluzione perché" si basa su dati epidemiologici, "interessando i sierotipi più coinvolti nella patologia invasiva". Così Francesco Vitale, professore ordinario di Igiene, università degli Studi di Palermo, direttore dipartimento Oncologia e Sanità pubblica, Aou Policlinico Palermo, nel corso di un media tutorial organizzato da Msd, questa mattina a Roma, per presentare i dati di numerosi studi di fase 3 che hanno valutato V116, il primo vaccino pneumococcico coniugato 21-valente disegnato in modo specifico per proteggere gli adulti.
"Le polmoniti da pneumococco, chiamato anche Streptococcus pneumoniae - continua Vitale - sono le forme più frequenti tra le polmoniti di cui conosciamo l'agente patogeno". Lo studio evidenzia inoltre che "solo" per "il 10% delle polmoniti" ospedalizzate è noto "il patogeno che le ha provocate", ma "lo pneumococco è il microrganismo più frequentemente implicato nella genesi delle polmoniti più gravi", pari a "oltre il 20% del totale". Un altro dato interessante emerso dal lavoro palermitano riguarda il tasso di ricovero per polmonite, che aumenta "di anno in anno dall'età di 45-50 anni. Ad esempio, negli over 45 è aumentato nel corso del decennio del 3,4%, negli over 65 del 3,5%, negli over 70 del 4,3%, negli over 80 del 7% circa, mentre nei soggetti di età inferiore ai 18 anni è diminuito di oltre il 4% per anno. Un fenomeno, questo - chiarisce il professore - molto importante, che sta ad indicare che il vaccino" somministrato nell'infanzia "ha preservato questi soggetti dall'avere una malattia polmonitica severa che poteva portarli al ricovero. Negli anziani, dove le coperture sono molto basse, la polmonite è aumentata negli anni insieme alla gravità e ai ricoveri".
Lo pneumococco "è un microrganismo che si avvale della minore capacità della risposta immunitaria nei suoi confronti - rimarca Vitale - Questo accade a causa dell'età avanzata oppure per la presenza di alcune malattie intercorrenti croniche più comuni nelle persone anziane: diabete, malattie cardiologiche, malattie polmonari (come asma o Bpco), ma anche malattie ematologiche e del fegato. In soggetti con malattie croniche abbiamo tassi di ospedalizzazione 10-15 volte maggiori rispetto a soggetti della stessa età senza queste patologie. Una volta avvenuto il contagio, il batterio si riproduce e può invadere un organo o entrare nel circolo sanguigno. Certamente, tra i tanti patogeni - conclude - lo pneumococco è quello che determina le polmoniti più gravi".
Il sistema di sorveglianza delle malattie batteriche invasive, attivo nel nostro Paese, nel 2016 ha registrato 1.462 casi di malattia invasiva da Streptococcus pneumoniae, pari a quasi l'80% di tutti i casi notificati. "Il rischio di sviluppare malattie invasive pneumococciche nell'adulto è influenzato da vari fattori, tra cui l'età, la presenza di comorbidità (ad esempio malattie cardiache, diabete, malattie polmonari croniche), lo stato di immunocompetenza e l'esposizione a bambini piccoli. I bambini al di sotto dell'anno di età, gli adulti di età superiore ai 65 anni e i soggetti con condizioni di salute sottostanti hanno un rischio significativamente maggiore di malattia invasiva. La quantificazione precisa del rischio può variare in base alla popolazione studiata e al contesto geografico, ma studi hanno dimostrato che l'incidenza della malattia invasiva può essere diverse volte superiore nei bambini molto piccoli e negli adulti con fattori di rischio specifici rispetto alla popolazione generale adulta". Lo ha detto Caterina Rizzo, professoressa ordinaria di Igiene generale e applicata, dipartimento di Ricerca traslazionale e delle nuove tecnologie in Medicina e chirurgia, università di Pisa, intervenendo questa mattina a un media tutorial in cui si sono discussi i risultati positivi di numerosi studi di fase 3 che hanno valutato V116, il primo vaccino pneumococcico coniugato 21-valente, in sviluppo, disegnato in modo specifico per proteggere gli adulti e che dovrebbe essere approvato a giugno di quest'anno dall'agenzia americana Fda.
"La prevalenza e la distribuzione dei principali sierotipi di pneumococco nella popolazione adulta italiana - continua Rizzo - si riflettono nelle tendenze osservate a seguito dell'introduzione dei vaccini coniugati contro lo Streptococcus pneumoniae. L'introduzione del coniugato 7-valente (Pcv7) e successivamente del vaccino coniugato 13-valente (Pcv13) ha" cambiato l'epidemiologia e "portato a una significativa riduzione dei casi di malattia pneumococcica invasiva (Ipd) nei bambini e, per effetto dell'immunità di gregge, anche nella popolazione adulta. Tuttavia, questa diminuzione è stata accompagnata dall'emergenza di 'ceppi sostitutivi' non inclusi nei vaccini, indicando un cambiamento nella distribuzione dei sierotipi responsabili di infezioni invasive".
"L'introduzione dei vaccini coniugati in età pediatrica - prosegue Rizzo - hanno portato alla comparsa, nella popolazione anziana, di sierotipi diversi". Il V116 è stato "sviluppato a partire dai sierotipi che, nell'età adulta, causano più frequentemente la patologia pneumococcica, in base quindi all'evidenza epidemiologica". Contrariamente a quanto ci si aspettava, "cioè una riduzione della risposta immunitaria per alcuni sierotipi, per interferenze che si sviluppano quando se ne sommano molti", il 21-valente "ha sviluppato risposte immunologiche efficaci - conclude - per tutti i sierotipi".
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