La sanità privata schiacciata senza l'energia
L'appello di Confapi Sanità: 'si usino i 17 terawatt/ora da fonti rinnovabili acquistati da gestore servizi energetici'
"L'associazione Confapi Sanità sottolinea la necessità di un pronto e fattivo intervento da parte delle istituzioni per arginare il problema del rincaro dei costi energetici, che rischia di mettere in ginocchio anche le strutture sanitarie private". A invocarlo sono Alessandro Ridolfi e Mariastella Giorlandino, a nome dell'unione di categoria di Confapi (Confederazione italiana della piccola e media industria privata) che rappresenta le imprese del settore sanità e servizi alla persona. In particolare, propongono, "si potrebbe far ricorso ai 17terawatt/ora prodotti da fonti rinnovabili che, ai sensi dell'articolo 16 bis del cosiddetto Decreto Aiuti, il Gestore dei servizi energetici ha acquistato per essere rivenduti a 124 euro a megawatt/ora".
Le strutture sanitarie private, incalza Giorlandino, "non possono permettersi il 'lusso' di ridurre i consumi energetici per fare fronte al rincaro delle bollette, e ciò per due fondamentali motivi: in primo luogo, perché" queste strutture "erogano servizi sanitari a tutela della salute dei cittadini, quindi a salvaguardia di un diritto fondamentale dell'individuo costituzionalmente tutelato dall'articolo 32, che non può essere limitato o compromesso da mere esigenze economiche o di bilancio. In secondo luogo, perché per fornire detti servizi essenziali è necessario sostenere dei costi che non possono essere semplicisticamente ridotti sulla scorta di una politica aziendale di tagli alle spese".
Il settore sanitario, ricordano i due esponenti di Confapi sanità, "è un settore 'energivoro' per la continuità dei servizi erogati, in quanto molte prestazioni necessitano dell'utilizzo di particolari apparecchiature e macchinari che non soltanto hanno un altissimo consumo energetico, ma soprattutto richiedono un funzionamento continuo, che non può essere ridotto semplicemente 'staccando la spina'".
In ambito sanitario, concludono Ridolfi e Giorlandino, "non si può ragionare applicando le mere logiche di mercato, anche se si tratta di strutture private, soprattutto oggi che le stesse svolgono una funzione - di fatto - sussidiaria essenziale per compensare le difficoltà della sanità pubblica, soprattutto in ordine all'abbattimento delle liste di attesa, aggravatesi dopo la pandemia da Covid-19. Per poter continuare a tutelare la salute dei cittadini, quindi, e garantire l'erogazione dei servizi sanitari essenziali, occorre un intervento del Governo volto a calmierare i costi energetici, così da impedire la chiusura o la drastica riduzione dell’erogazione delle prestazioni sanitarie da parte delle strutture sanitarie private".
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