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Ex Ilva e Taranto, verso un nuovo futuro

Stabilimento Ex Ilva Taranto.jpeg

Scadono oggi i termini per la presentazione delle offerte di acquisto del sito

Per l'ex Ilva è giunto il momento decisivo: scadono infatti alla mezzanotte del 10 gennaio i termini per la presentazione delle offerte di acquisto di Acciaierie d’Italia. Le buste contenenti le offerte vincolanti – il cui numero non è ancora noto – saranno consegnate ai Commissari straordinari.

Dopo la proroga, concessa poco prima della scadenza originaria del 30 novembre, non sono previsti ulteriori rinvii. Tuttavia, l'iter potrebbe rivelarsi piuttosto lungo, tanto che nel decreto Milleproroghe il prestito ponte è stato aumentato di 100 milioni, passando da 320 a 420 milioni, proprio per concedere più respiro e più tempo all’azienda, ancora in difficoltà con la produzione.

Cosa succede dopo l'apertura delle buste

Una volta aperte le buste, i Commissari dovranno valutare la congruità tecnica delle proposte. Questo è un compito piuttosto complesso, che lascia aperta la possibilità, per i player in corsa, di intervenire sulle stesse offerte: rilanciare, migliorare i piani presentati, oppure fare una cordata tra soggetti interessati. In sostanza, si tratterà di una vera e propria trattativa.

Una volta individuata la soluzione migliore tra quelle proposte, i Commissari invieranno la documentazione al Ministero delle Imprese e del Made in Italy, affinché il governo possa fare le sue valutazioni e prendere le proprie decisioni, anche utilizzando – come affermato dal ministro Adolfo Urso – il golden power. Questo strumento servirà a garantire il destino industriale del gruppo con una serie di vincoli su investimenti, occupazione e obiettivi di decarbonizzazione, che il compratore dovrà rispettare.

I possibili compratori

Ci sono aspiranti compratori? Da mesi i nomi che circolano sono sempre gli stessi: Vulcan Steel, Stelco, Metinvest, alcuni italiani – tra cui la famiglia Marcegaglia – e, più recentemente, gli azeri di Baku Steel. Tuttavia, non tutti sembrano intenzionati a prendere l'intero pacchetto Ilva, come invece vorrebbero i sindacati, da sempre contrari alla cosiddetta "ipotesi spezzatino", ovvero la vendita dei siti separatamente.

Gli ucraini di Azovstal hanno recentemente investito due miliardi per il rilancio di Piombino, e non è escluso che, con la vittoria di Trump alla Casa Bianca e un cambio di rotta degli USA nel sostegno militare a Kiev contro l'invasione russa, possano trovarsi a dover gestire la fase di ricostruzione post-bellica in Ucraina prima del previsto. Questo scenario li escluderebbe dai giochi, insieme agli americani che, secondo voci di corridoio, si sarebbero già ritirati dalla partita. Gli occhi sono quindi puntati sull'azienda-sorella di Jindal, a cui si sono aggiunti anche gli azeri.

Il destino dei lavoratori

Nel frattempo, gli stabilimenti sono in una situazione di stallo. Quasi 3.000 lavoratori sono in cassa integrazione, di cui oltre 2.000 solo a Taranto. Rimarranno in questa condizione sicuramente fino alla fine del 2025, grazie a una specifica norma inserita nell’ultima legge finanziaria che proroga per tutto il nuovo anno l’uso dell’ammortizzatore sociale. Successivamente, la riduzione della cassa integrazione sarà legata alla ripartenza degli altiforni e al rilancio produttivo. Tuttavia, nonostante l’iniezione di liquidità e la riattivazione dell’altoforno 1, i livelli di produzione sono rimasti molto bassi: la quota giornaliera si attesta intorno alle 9.000 tonnellate al giorno, con un 'record' negativo di 2 milioni di tonnellate a fine anno (a pieno regime, l’ex Ilva produceva circa 8 milioni di tonnellate all’anno). Nel frattempo, Acciaierie d’Italia e Ilva in amministrazione straordinaria hanno firmato con Dri d’Italia un 'memorandum of understanding' per la realizzazione di un impianto di riduzione diretta da 2,5 milioni di tonnellate all'anno nello stabilimento di Taranto.

10 Gennaio
Autore
Luciano Razzano

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