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Quando l'odio sui social uccide

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Il caso di Giovanna Pedretti, suicida per il sospetto di un post relativo alla sua pizzeria, pone il problema di quello che i social scatenano

"La reputazione, oggi più che ieri, complice il dilagare della cultura digitale, è il valore più a rischio nella nostra società. Gli elementi a disposizione suggeriscono che la signora Giovanna Pedretti è rimasta vittima di un cortocircuito mediatico alimentato da quella che io da anni definisco la 'dittatura social'. I media tradizionali da anni si fanno dettare l’agenda degli argomenti dal traffico di opinioni espresse da gente senza arte nè parte che si erige a giudice della vita altrui. È un allarme sociale e sarebbe il caso che si aprisse una vera e profonda riflessione pubblica". Lo dichiara il giornalista e conduttore Pierluigi Diaco, che commenta la morte della signora Giovanna Pedretti. Diaco, come è noto, non possiede alcun profilo social: “sono una inutile fiera della vanità”, aveva dichiarato in passato.

Il 'public shaming' o gogna mediatica è un problema purtroppo sempre più evidente sui social. Un processo mediatico in cui i giustizieri della rete non pongono filtri alle loro accuse, protetti dall’anonimato e quasi certi dell’impunità. Offese, insulti, menzogne che provocano sofferenze e umiliazioni che in alcuni drammatici casi possono causare traumi psicologici, problemi nel rapporto con gli altri o addirittura portare a gesti violenti ed estremi. I cosiddetti ‘leoni da tastiera’ rimangono impuniti, mentre chi è stato condannato a questa gogna ne paga le conseguenze. Purtroppo non basta l’ottimo lavoro svolto dalle Forze dell’Ordine, i social non possono restare una ‘terra di nessuno’ e vanno regolamentati, in Italia ed in Europa, con norme chiare e precise. La politica deve saper leggere la nuova realtà e deve saper intervenire, quanto prima”. Lo afferma il leader di Noi moderati Maurizio Lupi.

"I social sono ormai la Cassazione, senza più un giudizio di primo e di secondo grado, senza avvocato e senza indagine preliminare. Siamo in un mondo di grande perversione dove la giustizia diventa comprimaria, un po' perché non si sono fatte delle norme per lo strapotere degli imperi digitali, un po' perché non c'è più la volontà di riflettere sulle cose". Lo dice il massmediologoo Klaus Davi sulla vicenda del suicidio di Giovanna Pedretti, titolare della pizzeria 'Le Vignole' di Sant'Angelo Lodigiano, la cui replica alla recensione di un cliente, che si lamentava della presenza di gay e disabili nel suo locale, aveva sollevato dubbi sulla sua autenticità e un clamore mediatico sui social. Selvaggia Lucarelli e il suo compagno, lo chef Lorenzo Bigiarelli, avevano parlato di "operazione di marketing spacciata per eroica difesa di gay e disabili".

"Penso che lo chef e la Lucarelli non abbiano formulato delle accuse e abbiano fatto il loro lavoro, ma da lì è saltato tutto, con la condanna senza appello della povera Pedretti - dice Davi - Ma non è colpa della Lucarelli o del compagno, sono semmai i social ad avere azzerato la giustizia. Nessuno sa quale sia la verità, come sia andata la vicenda della replica alla recensione, ma la furia inquisitoria dei social, determinata dall'odio represso accumulato, dalla frustrazione, dalla povertà e dall'invidia sociale, ha travolto la povera signora che non ha retto e si è tolta la vita. A quelli che hanno attaccato questa povera donna, una che mandava messaggi positivi di inclusione, della verità dei fatti importava poco: un meccanismo simile a quello usato nel Medioevo per accusare le streghe o gli eretici".

Secondo il massmediologo svizzero naturalizzato italiano, il "web è fuori controllo, anche il dilagante antisemitismo o la fascinazione dei giovani nei confronti dei terroristi di Hamas sono frutto di 30 anni di web scatenato. E la politica non riesce a legiferare, è soggiogata dalle multinazionali del digitale. I social sono diventati la Cassazione, senza gradi di giudizio e soprattutto senza possedere gli strumenti legislativi per arrivare a un giudizio. Anche la giustizia, che ha tempi biblici, sta subendo un enorme danno da questo fenomeno perché nel percepito popolare la giustizia rende tutto inutile". Con l'intelligenza artificiale si può alzare il tasso di manipolazione dei fatti? "Certamente - risponde Davi - ma con un maggiore controllo delle notizie. Inizialmente il problema sarà più drammatico, ma poi l'avvento dell'IA spingerà il legislatore a muoversi. A meno che non si voglia una guerra civile", conclude Davi.

"È difficile capire che cosa sia una shitstorm finché non ci sei dentro. È difficile capire che cosa si prova quando il primo che passa per la strada o sui social pensa che sia suo diritto insultarti, denigrarti, offenderti. Bisogna avere un buon carattere. E bisogna sperare che la tua famiglia regga". Così Matteo Renzi su twitter.

"Non commento il singolo caso se non con un pensiero commosso alla famiglia della vittima. Ma il messaggio che voglio dare è: occhio, ragazzi, l’odio social fa molto più male di quello che pensate. Quelli come me hanno le spalle larghe, reggono e rilanciano, ma mantengono il sorriso. C’è chi non riesce a sopportare il peso. Impariamo a essere più gentili con gli altri. A rispettare le loro storie senza avere sempre la pretesa arrogante e violenta di chi giudica senza sapere nulla della vita degli altri. Impariamo a rimanere umani".

16 Gennaio
Autore
Claudio Mascagni

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