I sogni trascurati dei fratelli di malati rari
L'obiettivo di Francesca, 18 anni: 'per il 2023 vorrei più attenzione dalla scuola per le famiglie con figli disabili'
Più comprensione e flessibilità dalla scuola per i fratelli e le sorelle di bambini con malattie rare e con disabilità. E un nuovo anno pieno di piccoli grandi traguardi per una bimba che ha debuttato alla scuola elementare e ha già sorpreso tutti con le sue imprese. Sono i sogni di Francesca Nicoletti, 18 anni, i suoi desideri da 'rare sibling' per il 2023. Li chiamano così i fratelli di bambini con malattie rare. In famiglia lei e Andrea, 19 anni, sono i più grandi. E poi c'è Roberta, su cui pesa una diagnosi: displasia campomelica acampomelica, una variante di una malattia già rara.
A 6 anni è già 'musa ispiratrice' di un libro, il primo scritto dal papà Fortunato. Si intitola 'Nessuno è escluso', è stato preceduto da un blog e porta lo stesso nome dell'organizzazione di volontariato (Odv) nata dall'esperienza di questa famiglia. Francesca, seppur giovanissima, si dice pienamente consapevole dell'importanza di battersi in prima persona perché cambi qualcosa per chi vive le difficoltà di un'esperienza così totalizzante. "Quest'anno - racconta all'Adnkronos Salute - sono rappresentante d'istituto della mia scuola e, quando si dovrà riscrivere il regolamento con la preside, certamente cercherò di mettere il mio zampino. Perché per me è importante ed è per questo che mi sono data da fare anche 'politicamente' nella mia scuola".
La sua storia semplice è una fotografia di quella di tanti altri ragazzi che crescono in famiglie con malati rari. E' un'esperienza che entra nelle piccole cose di tutti i giorni. E poiché la fine dell'anno è tempo di bilanci e di auguri per il futuro, il pensiero di Francesca corre subito alla scuola: "Se devo esprimere un auspicio per il nuovo anno è che si possa ampliare la comprensione e la conoscenza di realtà come le nostre. Un esempio sono le assenze o i ritardi. Possono capitare perché si aspetta il cambio con l'infermiere, oppure perché è un giorno no per Robi o per diversi altri validi motivi. Ma ovviamente a scuola devi giustificare tutto, e non sempre vieni capita".
Per Francesca, che vive a Milano e frequenta il liceo scientifico Allende, non è tutto lineare e prevedibile. "Non sempre però i professori possono capirti - dice - e penso succeda perché non sono magari informati o ben istruiti su queste situazioni. Non parlo solo di me, ma anche di altri ragazzi con diversi altri problemi a casa. E' che talvolta per loro tu ci sei solo a scuola, e non si pensa al fatto che in realtà spesso porti con te le cose che vivi a casa. Ti sposti materialmente, ma la testa è sempre quella. Sicuramente la scuola potrebbe aiutare con una maggiore comunicazione".
Il mondo dell'istruzione "ha problemi con l'imprevedibilità - riflette - A me è successo di saltare interrogazioni programmate e la reazione automatica potrebbe essere: io ti sono venuto incontro, pianificandola, e tu non hai voluto farla. Ed è difficile spiegare che di programmato nella mia vita c'è molto poco. Basterebbe più flessibilità in certe situazioni". Il pensiero di Francesca è che la maggior parte dei regolamenti degli istituti su Milano non sembrano avere norme adatte a proteggere e aiutare ragazzi con questo tipo di difficoltà: per esempio chi ha un fratello o una sorella con disabilità, o un figlio che si deve occupare del proprio genitore che non sta bene o è disabile, o ha altri problemi".
Nella lista dei desideri per il nuovo anno c'è un posto anche per Roberta. "Mi auguro per mia sorella che possa crescere, raggiungere i suoi obiettivi, anche quelli che sembrano piccoli. Lei quest'anno ha iniziato le elementari e io la sto aiutando a fare i compiti: il fatto che abbia imparato a scrivere anche solo il suo nome, e ogni volta che lo fa, per me è uno shock. Riesce a raggiungere obiettivi che le poniamo noi, penso a mia mamma in particolare, e obiettivi che si pone lei stessa. E spero che diventi più grande possibile. Poi si vedrà. Non mi piace troppo pensare al futuro, perché c'è sempre questa incertezza. Quindi ti godi il presente. Se penso solo a un anno fa, il percorso di Roberta è stato incredibile, aiutato dalla scuola. Un augurio per lei è di non dover lottare per i suoi diritti, anche se la vedo dura, di non doversi mai sentire emarginata. Anche io a volte mi sento così, per il semplice fatto di aver vissuto certe situazioni. Nell'ambito della scuola penso sia brutto non sentirsi inclusi".
Francesca fa anche un bilancio dell'anno che si chiude oggi, da cui traspare il peso del Covid. "Per noi non è mai andato via - spiega - Molti lo hanno dimenticato. Ma in famiglia anche prima che arrivasse dovevamo sempre stare attenti, tenere le mascherine al primo starnuto, vedere gli infermieri con le mascherine, chiunque venga da fuori, anche nonni parenti, e ora tamponi, eccetera. Forse c'è stata anche un pochino di pressione in più quest'anno, perché prima tutti si proteggevano, ora no e occorre stare ancora più attenti".
Francesca crede molto nel ruolo della scuola, anche per insegnare la 'normalità della diversità'. "Mi dà fastidio quando si parla di disabilità tanto per farlo, magari per accalappiare voti o perché è la giornata dedicata. Ma se si inizia dalla scuola, basta un'assemblea d'istituto e poi un'altra in un altro istituto, poi un giornale scrive, da una cosa ne nasce un'altra e magari qualcosa cambia. Tutti siamo stati a scuola, anche i 50enni di adesso. Per cui se si inizia a fare qualcosa in questo ambito, a sensibilizzare, educare, poi i risultati a lungo andare secondo me si vedono. Dove altro puoi farlo? Crescere in un determinato contesto aiuta, ti permette di capire di più gli altri, di capire che non esiste un concetto univoco di normalità, ma se provassimo a fare qualcosa di comune, la tua normalità diventerebbe molto più simile alla mia e, se si va a vedere, tutta questa differenza non c'è più".
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