Nella strage di Licata la sconfitta è civile
Alessandro Damiano, arcivescovo di Agrigento: 'sconfitta per tutti noi, prego per le vittime'
Eredità terriere e frizioni tra fratelli. Ecco alla base della strage di Licata le motivazioni che hanno mietuto 5 vittime, di cui due bambini di 11 e 15 anni. In mattinata Angelo Tardino, 48 anni, si è recato nell'abitazione di campagna del fratello, Diego, e dopo l'ennesima lite per questioni legate alla gestione dei terreni coltivati a primizie, lasciati in eredità dal padre, ha aperto il fuoco con una calibro 9, legalmente detenuta. Dopo, l'omicida ha rivolto l'arma verso la cognata, Alessandra Ballacchino, e i due nipoti. Fuggendo è stato raggiunto telefonicamente dai carabinieri che lo invitavano a costituirsi, ma l'uomo si è sparato per poi morire in ospedale, dove era giunto in condizioni disperate.
La cittadina dell'Agrigentino è sconvolta da queste cinque morti.
"La tragedia di Licata costituisce l’ennesima sconfitta di una cultura, la nostra, sempre più disorientata e sempre meno capace di gestire le emozioni e le tensioni che turbano l’esistenza personale e interpersonale. Esige una inderogabile presa di coscienza individuale e comunitaria sul valore della persona umana, soprattutto se innocente e indifesa, e sull’importanza della cura delle relazioni, al di là di ogni ferita e di ogni offesa" ha detto l'arcivescovo di Agrigento, monsignor Alessandro Damiano.
"Chiama in causa tutti noi, nella responsabilità condivisa in merito alla promozione della cultura della vita e alla testimonianza del vangelo dell’amore e del perdono - aggiunge -. Profondamente addolorato per quanto accaduto, assicuro la mia preghiera per le vittime ed esprimo la mia vicinanza e il mio cordoglio alla famiglia e all’intera città di Licata".
Commenti