Sul Covid le famiglie chiedono la verità
Intanto ieri è stato trasmesso uno stralcio dalla Procura di Bergamo a Roma. Soddisfazione da parte del direttivo dell'associazione #Sereniesempreuniti
"Questa notizia ci dà ancora più forza per proseguire il nostro cammino verso la verità e la giustizia che dobbiamo a tutti i nostri cari. La storia che stiamo riscrivendo si arricchisce di un nuovo capitolo. I pm romani ora vaglieranno le posizioni e decideranno se procedere a una nuova iscrizione anche a Piazzale Clodio". Il direttivo dell'associazione #Sereniesempreuniti, costituito da familiare delle vittime di Covid, commenta così la notizia che uno stralcio dell'inchiesta della procura di Bergamo è stata trasmesso a Roma per competenza territoriale.
Gli atti riguardano il mancato aggiornamento del piano pandemico e vedono, tra gli indagati a Bergamo, gli ex ministri della Salute Roberto Speranza, Beatrice Lorenzin e Giulia Grillo, oltre a una serie di tecnici del Ministero, per un totale di 11 indagati.
"Questo trasferimento nulla cambia rispetto alle risultanze emerse dall’indagine condotta dai magistrati bergamaschi e chiusasi con 19 indagati. Inoltre, in merito alla contestuale notizia relativa alla archiviazione della posizione di Giuseppe Conte e Speranza e di altri indagati da parte del Tribunale dei Ministri, si precisa che non è riferita a quanto emerso dall'inchiesta portata avanti dalla procura di Bergamo" conclude la nota.
"Credo che a marzo 2020 il lockdown fosse l'unica soluzione possibile, limitando la circolazione delle persone e quindi anche quella del virus. In quel momento fu la soluzione presa dall'Italia, ma dopo anche da tutti gli altri, dalla Spagna alla Francia. Mentre la modalità in cui furono successivamente gestite le chiusure, anche a livello delle aziende, merita un'analisi. Si poteva fare in maniera diversa all'inizio? Probabilmente no, ma dopo sì. Il lockdown è stato troppo lungo, ricordiamoci che a maggio si è deciso di continuare la chiusura delle scuole e questo è stato un errore". Così l'infettivologo Matteo Bassetti, primario Malattie infettive dell'ospedale San Martino di Genova, in occasione del terzo anniversario dell'annuncio del premier Giuseppe Conte del lockdown nazionale con lo slogan 'Io resto a casa'.
"Abbiamo visto che il lockdown con il coprifuoco, e poi le zone rosse, quelle gialle e le arancioni, sono state una declinazione della lettura della pandemia che non mi ha visto concorde su come agire", continua Bassetti . "Se sono dell'idea che quel 9 marzo 2020 non potevamo fare altrimenti credo invece che nel prosieguo siamo stati chiusi troppo a lungo. Il lockdown è uno strumento che, per quanto barbaro, era l'unico modo per limitare la circolazione delle persone. Ma la Pasqua fatta tutti in casa o i divieti per Natale: ecco questo si poteva fare diversamente. Quelle terribili due settimane di fine febbraio e inizio marzo portarono ad una decisione presa anche al buio ma - conclude - non c'era una soluzione diversa che quella di dire di restare a casa".
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