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La lealtà dei cannibali alla Semana Negra di Gijón

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Il nuovo romanzo di Diego Trelles mette al centro tante storie racchiuse in quella del suo Perù

Barba da pirata, braccia vigorose, piedi ben piantati a terra. Ha supportato un po’ di peso del mondo Diego Trelles Paz prima di scrivere questo romanzo. Si intitola ‘La lealtad de los canibales’ (Anagrama), un titolo iconico che fotografa la situazione drammatica del suo Paese, il Perù, da dove se n’è andato da un pezzo per respirare aria di libertà a Parigi. ‘La lealtà dei cannibali’ forse non è solo quella dei dittatori o sognatori di una futura dittatura del Perù, in perenne crisi di nervi e sempre sull’orlo del baratro, “tant’è che oggi in Perù assistiamo a una dittatura parlamentare” ci dice Diego poco prima di salire sul palco per presentare il suo ultimo avvincente romanzo. Il palco è quello della Semana Negra di Gijón, questa magnifica città delle Asturie affacciata dolcemente sul golfo di Biscaglia, che celebra la 37ma edizione di una rassegna che ormai non è solo più narrativa poliziesca ma è semplicemente letteratura, in tutte le sue sfaccettature artistiche e in tutte le sue sfumature di colori. Ed è un magico luogo di incontro, dove si fonde l’anima popolare della festa in tutte le sue declinazioni con quelle della letteratura noir, poliziesca, gialla, whodunit, hardboiled, chiamatela un po’ come volete, “ma l’importante è che sorprenda” dice in uno dei tanti interventi che lo vede protagonista lo scrittore Luis Artigue. E intanto il romanzo noir non è altro che scrittura militante, specchio fedele di una società dura e cinica. 
E così torniamo al romanzo di Diego Trelles Paz, che ci arriva forte non solo del successo de ‘La processione infinita’ (sempre casa Anagrama) ma anche di un background personale di primissimo livello: dopo la laurea in Letteratura Latinoamericana presso l'Università del Texas, è stato professore di letteratura, cinema, comunicazione ed estetica alla Binghamton University di New York, alla Pontificia Università Cattolica del Perù e all'Università di Lima, la città che nel ’77 lo ha battezzato. 
E arriviamo al romanzo. Crudo, diretto, immediato. Grazie alla tecnica narrativa come romanziere e come costruttore di storie, tant’è che viene spontaneo credere e immaginare che Diego ha cannibalizzato ‘Story’ di Robert McKee. Anzi, probabilmente ne conosce a memoria ogni piega. E vomita storie riuscite. Diego strizza l’occhio e riesuma ‘L'alveare’ di Camilo José Cela, quel romanzo che ritrae la Spagna dittatoriale degli anni Quaranta attraverso le avventure dei clienti di un caffè madrileno, così l’autore peruviano si concentra su una taverna nel centro di Lima, in cui convergono numerosi personaggi i cui tragici destini si intrecciano a un ritmo vertiginoso, fino a formare un enorme insieme di vite incrociate. Sì, è un romanzo corale, con storie ordinarie e straordinarie che si toccano e toccano, con personaggi macerati dentro da piccoli e grandi drammi, manie, tragicità. 
Certo, a volte seguendo solo per un anno la storia di un Paese, soprattutto in America Latina, si ha materiale per almeno 12 romanzi, uno al mese. Ma atteniamoci alla storia recente peruviana, che vede al potere come presidente Dina Boluarte, salita a dicembre 2022, durante la crisi politica peruviana, quando Pedro Castillo ha tentato di sciogliere il Congresso della Repubblica del Perù per contrastare l’accusa  di impeachment, fu in quel momento che Boluarte ha condannato il tentativo come una "rottura dell'ordine costituzionale" e ha assunto la presidenza dopo la destituzione e la tentata fuga di Castillo. L’ex presidente finisce in carcere mentre la protesta contro il nuovo governo divampa nel Paese, con scontri tra manifestanti e polizia, che spara e lascia 9 morti. Poi, le grandi e continua manifestazioni in tutto il Paese, con la polizia che spara e lascia decine e decine di morti in ogni città. E oggi la situazione è sempre in bilico. Ma questa non è una novità, con i confini sempre liquidi tra Bene e Male. 
Sì, il male, o meglio il Male, il tradimento, la follia, la riconciliazione, eccoli lì a rincorrersi vorticosamente, con le lacrime del Perù a fare da cornice ai conflitti politici per il potere, alla corruzione della Polizia, agli abusi della Chiesa mentre incombe un nuovo terremoto. Apocalittico. Forse è  vero come dice nell’incipit il comandante Arroyo: ‘Non esiste una brutta morte’. C’è e basta. È sempre presente, in ogni pagina, che conferma la bravura di un narratore dall’indubbio talento. 
9 Luglio
Autore
Gian Luca Campagna

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