100 anni fa moriva Giovanni Verga, il maestro del Verismo
Il grande scrittore siciliano si spegneva a Catania il 27 gennaio 1922
Cento anni fa, a Catania, il 27 gennaio 1922, moriva Giovanni Verga, il maggiore esponente del Verismo, che con il suo stile e suo il linguaggio ha rinnovato la narrativa italiana: con la rappresentazione della realtà, lo scrittore mostra nelle novelle e nei romanzi "I Malavoglia" e "Mastro Don Gesualdo" come il mito del progresso sia destinato a rivelarsi un’illusione.
Giovanni Verga nasce a Catania nel 1840 in una famiglia di proprietari terrieri. Già prima del 1860, anno in cui appoggia la campagna di Giuseppe Garibaldi in Sicilia inizia a scrivere romanzi. A 25 anni si trasferisce a Firenze, allora capitale del Regno d'Italia, e poi a Milano, dove conosce intellettuali e letterati: qui si avvicina alla Scapigliatura. Tra il 1871 e il 1874, con i primi romanzi "Eva" e "Tigre reale" e le prime novelle ("Nedda"), Verga si afferma come autore di successo, esprimendo la preferenza per temi legati ai diversi ambienti sociali dell'Italia ottocentesca e il gusto per una scrittura asciutta e comunicativa.
Tra il 1878 e il 1881 Verga elabora un progetto che si allontana dalle esperienze precedenti: vuole osservare attentamente il mondo circostante, capire i desideri degli uomini, ascoltare come essi parlano e successivamente trasferire nei romanzi la propria interpretazione, la propria visione della società contemporanea.
Nel 1881 Verga pubblica "I Malavoglia", in cui narra le sfortunate vicende di una famiglia di pescatori di Aci Trezza. È il primo libro di un ciclo intitolato "I vinti", che prevedeva la stesura di cinque romanzi: lo scrittore voleva rappresentare l'avidità degli uomini, la loro voglia di migliorare socialmente ed economicamente, la loro battaglia per conquistare quella che l'autore chiama la 'roba'. Solamente due dei libri immaginati, però, vengono portati a compimento.
Nel secondo romanzo del ciclo dei "Vinti", "Mastro Don Gesualdo", pubblicato nel 1889, Verga dimostra come sia impossibile, in una società priva di autentici valori morali, prevedere un miglioramento delle condizioni umane.
Verga è celebre anche per le novelle di "Vita dei campi" (1880), con la rappresentazione d'una umanità primitiva e istintiva, come testimoniano "Cavalleria rusticana", "La Lupa", "Ieli il pastore" e "Rosso Malpelo".
Nel 1893 Verga torna definitivamente a Catania dove continua l’attività di scrittore fino alla morte, avvenuta nel 1922.
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