Il terzo mandato agita i casi Veneto e Campania per le regionali
Senza riforma, Zaia e De Luca non potrebbero riproporre la loro candidatura
Il tema del terzo mandato aleggia sulle prossime elezioni regionali. E alimenta un dibattito che ha importanti ripercussioni sia nel centrodestra sia nel centrosinistra a livello nazionale. Le regioni in cui si vota nel 2025 sono sei: Veneto, Valle d’Aosta, Toscana, Marche, Campania e Puglia. Ma sono due, in particolare, i casi ‘spinosi’. Da una parte il Veneto, con il governatore Luca Zaia e il confronto serrato tra la Lega, che vorrebbe il terzo mandato ma non ha la forza di imporlo al resto della maggioranza, e FdI, che vorrebbe invece avanzare una propria candidatura. Dall’altra la Campania, con il governatore Vincenzo De Luca pronto a candidarsi e la leader Elly Schlein contraria all’ipotesi del terzo mandato.
Il confronto, a metà gennaio, ha fatto un salto di qualità. Il governo, nonostante la contrarietà della Lega, ha impugnato davanti alla Corte costituzionale la legge regionale della Campania, voluta dal governatore uscente proprio per superare il vincolo dei due mandati. De Luca, che ha definito la decisione ‘contra personam’, evidenziando che non sono state impugnate le leggi analoghe del Veneto, del Piemonte e delle Marche, ha avviato una campagna nazionale sul tema, mentre la Liga Veneta ha promosso una raccolta di firme per sostenere un’iniziativa popolare pro-Zaia. Il tema, peraltro, è sentito anche molto dai sindaci. Quello di Milano, Giuseppe Sala, si è già schierato a favore della battaglia per il terzo mandato. L’ipotesi di arrivare a una legge nazionale per superare il limite dei due mandati per presidenti e sindaci non è però sicuramente tra le priorità del partito di Giorgia Meloni e neppure di Forza Italia. Ma dove e come nasce la disputa? Dobbiamo risalire alla riforma costituzionale sull'elezione diretta del presidente della Regione, del 1999, che configura la legislazione elettorale regionale come 'materia concorrente'. Ovvero, lo Stato stabilisce i principi generali e le Regioni vi aggiungono le normative di dettaglio. Se lo Stato, quindi, nello scrivere la legge avesse messo la questione del tetto ai mandati per i presidenti come principio generico ogni Regione avrebbe potuto definire il numero massimo consentito. Ma nel 2004, quando, con il governo di centrodestra, ci fu l'approvazione effettiva della legge sui principi di quella materia si decise di copiare direttamente la normativa che regolava l'elezione diretta del sindaco. E questa prevedeva esplicitamente il tetto dei due mandati. La legge, così, stabilì un principio non generico, valido dal 2004 per tutte le Regioni ordinarie che prevedano l'elezione diretta. Da qui il contenzioso che ha portato il governo a sollevare la questione di legittimità costituzionale davanti alla Corte se ritiene che una legge regionale – quella campana che consentirebbe la ricandidatura di De Luca è stata approvata nel novembre 2024 - vada oltre le competenze regionali eludendo così una regola stabilita esplicitamente a una legge nazionale.
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