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Profughi afghani e non: che ne sarà di loro?

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La crisi dei rifugiati afghani si sviluppa su due livelli. Una volta tratti in salvo i cittadini stranieri e i collaboratori con le forze NATO, che ne sarà degli alt

Che ne sarà di loro?

La crisi dei rifugiati afghani si sviluppa su due livelli. Una volta tratti in salvo i cittadini stranieri e i collaboratori con le forze NATO, che ne sarà degli altri?

La politica

Le risposte arrivate dall’Unione Europea alla crisi in Afghanistan sono state più che mai plurali e discordi. I paesi si sono intanto mobilitati per dare un rifugio ai propri cittadini e a tutti quei cittadini afghani che hanno collaborato con le missioni straniere.

Questa manovra era tuttavia la più semplice e immediata. Nei prossimi tempi, quasi sicuramente, si andrà incontro ad un’esplosione di domande di accoglienza di tutti quei cittadini afghani che potranno permettersi di abbandonarlo e sfuggire al regime dei talebani. È a quel punto che la necessità di un fronte comune (europeo ma non solo) si farà urgente e non potrà essere seconda all’interesse dei singoli stati.

Le parole

Ascoltando le parole dei leader, le premesse non sono delle migliori, ed è tutt’altro che una novità.

Le destre al governo nei paesi dell’Unione sono state più che mai efficaci nel chiarire la propria lontananza dai principi dell’Unione stessa. Il premier sloveno Jansa ha sentenziato che “l’UE non aprirà corridoi per i migranti afghani”, mentre il premier ungherese Orbàn ha prevedibilmente detto di voler “proteggere” il suo paese dalla crisi dei migranti.

In Italia, Salvini (poi bacchettato da Draghi) ha visto nella crisi afghana un’ulteriore opportunità di propaganda, non sottraendosi a frasi come “l’Italia non è il campo profughi del mondo”, oppure alludendo alla possibilità dell’arrivo di terroristi islamici. Frasi ad effetto che contribuiscono alla creazione di un clima di tensione e slogan elettorali che non aiuta nessuno se non l’ego e il consenso dei protagonisti.

Il governo italiano, di cui teoricamente Salvini fa parte, ha tuttavia risposto con toni diversi.

Il premier Draghi ha aperto ad un fronte comune nella gestione della crisi afghana anche con Cina e Russia, promuovendo l’idea vincente di un G20 straordinario sull’Afghanistan che si terrà probabilmente a settembre. Anche il Ministro degli esteri Di Maio ha invocato la necessità di una “risposta comune” con l’Unione Europea.

L’accoglienza in Italia

I numeri parlano di 3.800 afghani già portati in Italia, nel giro delle persone già a contatto sul posto con le istituzioni Italiane. Il governo ha indicato il numero come temporaneo e destinato a crescere, con numerosi afghani già pronti a prendere un aereo verso l’Italia.

Le poche migliaia di persone che stanno arrivando in Italia dovranno intanto fare affidamento su un sistema di accoglienza non sempre efficace e gestito al meglio. I rifugiati, dopo un periodo di quarantena, verranno distribuiti in tutta Italia in centri di accoglienza e strutture dell’Esercito.

Parlare di rischio terrorismo è una cosa che certamente non aiuta accoglienza e integrazione, essendo questo un falso problema in gruppi di cittadini che hanno collaborato con le forze NATO. Il terrorismo potrà rivelarsi un problema dal momento in cui l’Afghanistan, sotto il controllo dei talebani, diventerà un punto di riferimento per le forze estremiste islamiche.

Non è tuttavia nell’ambito di un dibattito sui migranti che si affronta uno scoglio così serio, andando ad intaccare l’immagine di vittime: l’unica che i profughi afghani dovrebbero avere in un paese civile.

3 anni fa
Foto: pixabay
Autore
Emanuele Di Casola

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