Marco Pantani, 18 anni dalla morte e terza inchiesta in corso
È stato ascoltato ieri dagli inquirenti il tassista che portò le escort nel residence dove morì il Pirata
È una ricorrenza triste quella di oggi per tanti appassionati di ciclismo italiani visto che proprio il 14 febbraio del 2004 veniva trovato morto nella stanza di un albergo Marco Pantani. Proprio “il Pirata” ha rappresentato per molti uno dei più grandi campioni che il ciclismo italiano sia riuscito mai ad esprimere nel corso di decenni di storia e proprio per questo la sua morte avvenuta in circostanze e contesto che ad oggi non sono ancora chiari, restano ancora oggi un cruccio e un mistero.
Mistero su cui gli inquirenti non hanno ancora scritto la parola fine visto che è in corso in questi giorni quella che risulta come la terza indagine sulla morte di Pantani. Indagine fortemente voluta dai famigliari del Pirata.
A tal proposito è stato interrogato ieri dai carabinieri di Rimini, per la prima volta dopo tanti anni, il tassista che avrebbe accompagnato due escort nell'albergo, Residence “Le Rose” di Rimini, dove alloggiava Marco Pantani il giorno della sua morte, il 14 febbraio del 2004.
La figura del tassista, ignorata per anni dal tassista, è venuta alla ribalta negli anni a seguire la tragedia, dapprima quando lui stesso ruppe il silenzio rivelando il particolare delle due escort a dei conoscenti della famiglia Pantani e poi con l’intervista rilasciata a Le Iene di Italia Uno.
Davanti alle telecamere aveva raccontato di aver accompagnato al residence, due ragazze, che sarebbero entrate e uscite dopo pochi minuti, con un maglione verde e un marsupio, poche ore prima del decesso del ciclista.
Le generalità delle due donne sono ancora da appurare ma su pressione della madre di Pantani, la signora Tonina, le rivelazioni del tassista hanno consentito l’apertura del nuovo fascicolo della Procura della Repubblica di Rimini.
Nei prossimi giorni si capirà se, dopo la testimonianza del tassista, sarà possibile ipotizzare nuovi reati, come l'omissione di soccorso a carico di persone da identificare.
Al termine della prima indagine, nel 2005, per il reato di morte come conseguenza ad altro reato, ossia lo spaccio di droga, Fabio Miradossa e Ciro Veneruso patteggiarono condanne rispettivamente a 4 anni e 10 mesi e 3 anni e 10 mesi. La seconda indagine si chiuse invece nel 2016, dopo nuove perizie medico legali, confermando sostanzialmente le risultanze della prima.
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