Rapporto DIA: “La mafia penetra la società in tutte le sue forme”
Economia, politica e pubblica amministrazione ma anche web; gli ambiti dell’attività criminale sono vari e diffusi
È stata pubblicata nelle scorse ore la relazione semestrale della DIA. Nel documento relativo al secondo semestre 2022 redatto dalla Direzione Investigativa Antimafia, c’è un’analisi dell’evoluzione della criminalità in Italia negli ultimi anni.
Un’analisi già riportata nell’abstract di presentazione e che spiega:
“Emerge nettamente la persistenza e la complessità delle organizzazioni mafiose che, dalle Regioni di origine, si sono ormai radicate e diffuse nel territorio nazionale e all’estero, cioè ovunque vi fosse la possibilità di perseguire i propri affari illeciti, d’inserirsi nei circuiti legali dell’economia e, comunque, di trarre rapidi ed ingenti profitti, inquinando i relativi circuiti economico-finanziari. È ormai acclarato che tutte le organizzazioni criminali esercitano una perversa funzione economica e sociale, inserendosi soprattutto nei contesti di rilevante “assistenzialismo” ove l’assenza di lavoro o di servizi generano nella popolazione stati di urgente bisogno”.
La mafia dunque si evolve e si adatta alle circostanze e agli ambiti:
“Le mafie non si nutrono solo delle note manifestazioni di consenso collettivo; esse incarnano anche quella deviata e deviante “cultura” fondata sull’esercizio sistematico dell’intimidazione e finanche della violenza, sulla confusa attribuzione di diritti e di favori che trasfigurano i cittadini in meri “clientes”, nel consueto e mai immutato intendimento di trarre ingenti e personali profitti con assoluta noncuranza e disinteresse sui sempre deleteri effetti del loro agire criminale”.
Un sistema, quello mafioso, ormai capace di permeare il tessuto economico del Paese:
“La penetrazione delle organizzazioni criminali nei gangli dell’economia, i loro rapporti con settori inquinati della politica o esponenti infedeli della pubblica amministrazione, costituiscono, quindi, un ostacolo allo sviluppo di un determinato territorio ed al progresso civile della sua popolazione. Le mafie rappresentano, cioè, un costante ed elevato pericolo poiché insidiano nel profondo la dignità dei singoli e le condivise regole collettive, minando alla base la democrazia, il mercato e la pacifica convivenza civile. Non è, quindi, pensabile poter sconfiggere una criminalità, vieppiù globale e sempre più inserita nel mondiale circuito finanziario, operando esclusivamente sul versante repressivo e delegando la lotta alle sole Forze dell’ordine ed alla Magistratura. È necessario accrescere nelle coscienze collettive la consapevolezza sull’elevata pericolosità del modello mafioso che, invece di apparire come potenziale ed accattivante modello di comportamento, deve essere considerato nella sua esclusiva radice di ormai primitiva sopraffazione di taluni sugli altri e, come tale, deve esse decisamente disapprovato, respinto e condannato”.
La linea guida deve essere quindi quella tracciata dal Giudice Paolo Emanuele Borsellino:
“La lotta alla mafia… non deve essere soltanto una distaccata opera di repressione, ma un movimento culturale e morale, anche religioso, che coinvolga tutti, che tutti abitui a sentire la bellezza del fresco profumo di libertà che si oppone al puzzo del compromesso morale, della indifferenza, della contiguità e, quindi, della complicità”[…..] L’impegno contro la mafia, non può concedersi pausa alcuna, il rischio è quello di ritrovarsi subito al punto di partenza.”.
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