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L'Africa morirà di fame senza il grano russo

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Scordamaglia: 'Africa e Medio Oriente dipendenti grano fino al 100%, Ue spinga su più cibo'

"Mentre la commissione europea continua a fare un passo avanti ed uno indietro sull’aumento della produzione agroalimentare nei paesi dell’Unione Europea - nonostante il chiaro invito dei capi di Stato e di governo ad aumentare l’autosufficienza del continente - si preannuncia una situazione di tensione in nord Africa e Medioriente". E' quanto afferma Luigi Scordamaglia, consigliere delegato di Filiera Italia, che sottolinea come siano proprio i paesi emergenti quelli più dipendenti dalle importazioni di cereali e beni alimentari di prima necessità da Russia ed Ucraina. Parliamo di paesi come l'Eritrea che dipendono per il 100% dal grano prodotto nei due paesi, o della Somalia il cui rapporto di dipendenza supera il 90%, o ancora come l’Egitto che dipende per l’80% dalla produzione di queste zone.

In sintesi "Sono 50 i paesi in via di sviluppo dipendenti per oltre il 30% dalle importazioni di cereali di quest’area - spiega Scordamaglia - e 25 di questi lo sono per oltre il 50%". "Nella maggior parte dei casi - prosegue- si tratta di paesi i cui governi basano buona parte dei propri consensi sulla somministrazione di cibo a condizioni accessibili, uno stabilizzatore che in questo caso potrebbe venir meno in breve tempo”. Il Libano, ad esempio, ha recentemente confermato di avere uno stock di cereali per non oltre due settimane.

"A fronte di questo scenario ci aspetteremmo da parte della Commissione europea una più netta presa di posizione a favore della produzione agroalimentare piuttosto che misure parziali e limitate nel tempo". Secondo Scordamaglia "la situazione va gestita immediatamente: chiediamo che si sospenda immediatamente per almeno due anni l’applicazione della nuova Pac e venga rivista alla luce del nuovo scenario la strategia Farm to fork, i cui effetti ormai definiti da una serie di studi sono quelli di un crollo della produzione agroalimentare europea intorno al 20% e un ulteriore incremento dei prezzi di alcuni prodotti fino al 40%”. “È incomprensibile - conclude Scordamaglia - che l’unità politica europea, che non è mai stata forte come ora, venga poi frammentata da una miope burocrazia che non ha ancora capito il forte cambiamento del contesto".

2 anni fa
Foto: pixabay
Autore
Pasquale Lattarulo

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