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Italia, non ci resta che l’autogestione

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Il pari contro la Croazia nei minuti finali mette in chiaro la confusione in cui è caduto Luciano Spalletti

Non ci resta che l’autogestione. Luciano Spalletti è andato talmente in confusione da arrivare a rinnegare se stesso negli ultimi concitati minuti del match contro la Croazia, quando le speranze del pari erano appese a un rimpallo o alla giocata del singolo. E la sgroppata di un singolo è arrivata, di un giocatore come Calafiori che centralmente ha aperto sulla corsia mancina il tiro a giro di Zaccardi, relegato in panca fino all’82’. E all’82’ era entrato anche il figliol prodigo Fagioli, che ha dimostrato maggiore dinamismo di un Jorginho più lento di una pratica ministeriale, piazzandosi al centro del campo, caparbio nel cercare la profondità, anche a costo di girare lui attorno al pallone (un misto tra veronica e la circumnavigazione di se stesso), agendo con personalità, con quell’aria di chi non ha nulla da perdere, tant’è che s’è beccato anche un’ammonizione, testimonianza di tigna e carattere. Ma già al 75’ Spalletti aveva spedito dentro Scamacca, optando per due punte centrali, una novità assoluta che è suonata come un’abiura al suo credo calcistico. Sono state le carte della disperazione. Se non fosse per l’estetica degli interventi di Donnarumma, per i lanci e le corse di Barella, per le accelerazioni (a corrente alternata) di Chiesa quest’Italia assomiglierebbe a un’allegra brigata di vacanzieri venuti in Germania per far divertire gli altri.

Nell’esordio contro l’Albania ecco il gol più veloce di tutti i tempi grazie a un fallo laterale (!) di Dimarco in versione Babbo Natale, segnale di una concentrazione che non c’è, anche se poi l’Italia ha ribaltato la situazione in meno di un quarto d’ora.

Contro la Spagna il tecnico Spalletti ha umiliato Di Lorenzo completamente fuori fase rispetto all’Uomo nero Williams, oltre a non essere riuscito a leggere la partita optando per un’inversione tattica. Si dirà, gli spagnoli andavano più veloci e sono stati più costanti nella gestione del pallone e continui nella corsa: e allora che fine ha fatto la preparazione atletica di una volta? È finita in soffitta insieme al subbuteo? È stata abolita? È diventata anticostituzionale? Non è che se manca un vero 10 non si può sopperire con la corsa, i fraseggi, la tattica, la concentrazione, il carattere. Il calcio non è solo tecnica sopraffina, suvvia.

E contro la Croazia? Non è mancato il coraggio ma stava mancando il risultato. Molti giocatori appaiono stanchi e appannati: mentre i croati stantuffavano e picchiavano, i nostri non riuscivano nemmeno a collezionare un giallo, in nome di un isterismo o di un vagito di frustrazione per una qualificazione che con lo scorrere dei minuti si stava smarrendo. Niente. Un’assenza come un segnale di resa incondizionata. Poi, a tempo scaduto, nel mezzo del maxi recupero le due ammonizioni a Calafiori e Fagioli. All’ultimo respiro arriva il pari di Zaccagni. Forse è anche meritato, per la volontà espressa dopo aver subito la rete di Modric. Ma l’Italia è una squadra sbiadita, non certo senz’anima, perché quella ce l’ha, ma appare senza un condottiero, che non è né Jorginho né Spalletti. È una piccola Italia, una squadra votata alla trincea, come dicono le percentuali contro le due grandi incontrate nel girone eliminatorio: nella prima frazione contro la Spagna il possesso palla delle furie rosse era del 62% (!), contro la Croazia la percentuale era appena più bassa ma ancora deprimente (59%). E per fortuna che Spalletti in conferenza continua a sottolineare che lui non è capace a disegnare un calcio attendista. Vabbè. È vero che solo gli idioti non cambiano opinione, ma anche Oscar Wilde inarcherebbe le sopracciglia in segno di perplessità. Comunque, alla fine, il possesso palla torna forte tra i piedi azzurri (54%, mentre contro la Spagna era rimasta salda alla Roja col 58%), testimonianza che l’all in dell’ultimo quarto d’ora ha smosso sentimenti d’orgoglio. Certo, è una squadra che non brilla, ancorata alle sue paure, immatura per sua convinzione, capace di reagire solo se azzannata. La Svizzera forse non è un cadeau che ci siamo pienamente meritato. Chissà, che nello spogliatoio salti qualche condottiero. In nome dell’autogestione.

25 Giugno
Autore
Gian Luca Campagna

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