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Sergio Fedro e il suo commissario Mandalà

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A cuore aperto con lo scrittore che ha creato la figura di un uomo integerrimo in perenne conflitto con le donne. L'influenza della Fondi di Purificato e De Santis

Mettete un commissario integerrimo (ma sfortunato con le donne), una società malata, casi irrisolti e un'Italia criminale. Ne esce fuori l'affresco narrativo descritto da Sergio Fedro, imprenditore oggi in pensione votato al giallo e al noir, che ha creato la figura del commissario Cosmo Mandalà, protagonista di tre romanzi: ‘Le intuizioni del commissario Mandalà’, 'Il caso della bimba scomparsa’ e  ‘I campi della vergogna'. 

Come nasce la figura del commissario Mandalà?

La figura che facesse rispettare la legge in modo viscerale, che sapesse combattere adeguatamente la criminalità organizzata e assicurare alla giustizia i malfattori di tutte le specie nasce da lontano. Forse il racconto “Ognuno a suo modo”, che pubblicai alcuni anni fa in una raccolta dal titolo “Imprevisti romani e dintorni”, mi ha dato l'impulso iniziale. Lo stimolo più importante, però, l’ho avuto incontrando realmente nella vita un vero commissario di Polizia.

Qual è il messaggio che come autore vuole trasmettere ai suoi lettori?

La risposta è sempre la stessa. Bisogna parteggiare sempre con chi (con le nostre forze dell’ordine in primis) si prodiga nel fare rispettare l’ordine e il bene della società. Non mi pare che i grandi giallisti del passato avessero dato nei loro romanzi dei messaggi che avessero altri scopi di quelli che ho citato.

I suoi romanzi affrontano diversi aspetti critici della società odierna. Quali sono le sue fonti d’ispirazione? 

Tutto ciò che mi sta intorno e riesce darmi lo spunto per scrivere: la cronaca di tutti i giorni, il modo di vivere della società odierna, la crisi esistenziale di certe periferie cittadine, le incomprensione interpersonali che molte volte travagliano la gente, i loro difetti o le loro aspirazioni.

I suoi romanzi si dividono in genere giallo e noir, anche se le atmosfere ricordano i polizieschi. Qual è il genere che preferisce per raccontare le storture sociali?

Odio la parola genere. La letteratura è il racconto della vita. Cito ad esempio un grande giallista da poco scomparso, Andrea Camilleri. Non mi sembra che abbia creato solo Montalbano, ha scritto anche grandi romanzi storici e narrato profonde vicende di vita vissuta, che avevano come sfondo un certo ambiente siciliano.

Lei ha avuto una vita felice come marito e padre, perché, invece, il suo alter ego letterario ha un rapporto difficile e conflittuale col genere femminile?

In tutti i miei testi teatrali, racconti e romanzi, i miei personaggi non si sottraggono a quelli che sono i malesseri diffusi della società in cui viviamo. Mandalà è diviso dalla moglie perché la sua donna non sopporta più l’ansia che le procura un marito con un mestiere pericoloso, ma se esaminiamo anche alcuni personaggi creati in lavori precedenti, troviamo le stesse problematiche.

Lei è di Fondi, una città che ha dato i natali a grandi uomini di cultura come Giuseppe De Santis e Domenico Purificato. Cosa ha imparato da loro?

Confesso che la loro opera ha influenzato molto la mia formazione letteraria. Certe  ambientazioni e atmosfere di alcuni miei lavori non sono altro che la proiezione di alcune loro opere. Infatti, certe composizioni pittoriche di contadini sono spesso lo sfondo di miei racconti, così pure i film di De Santis hanno profondamente influenzato il mio teatro come “Mia grata terra!” e il racconto “Viaggio al Sud”.

Come si è avvicinato alla narrativa?

Ho cominciato tardi. Forse perché fin da piccolo ho amato leggere. Poi, a una certa età, forse sotto la spinta della ma partecipazione come interprete in una compagna amatoriale, per gioco un giorno provai a mettere sulla carta una mia idea. Mi resi conto allora che ci riuscivo molto bene e, da quel giorno, non smisi più. Presto divenne una necessità giornaliera  mettermi davanti a un foglio bianco e riempirlo di parole e di idee.

Lei è anche un grande cultore di cinema. Quanto torna utile la settima arte nella stesura dei suoi romanzi?

Conta parecchio, tanto che nella stesura dei testi mi devo guardare dalle contaminazioni, sia per i contenuti sia per lo stile narrativo.

Quali sono oggi le sue letture preferite?

Dopo l'abbuffata dei grandi autori americani, russi, francesi, del ‘9oo italiano e sudamericani, oggi la mia attenzione è incentrata sugli autori contemporanei, soprattutto italiani. Faccio un esempio per tutti: recentemente mi ha piacevolmente sorpreso l’ultimo Premio Strega “Due vite” di Emanuele Trevi, che si avvale di una prosa accattivante, efficace, appena liofilizzata che quasi sfugge alla comprensione immediata del lettore frettoloso. A mio avviso, ogni frase va snocciolata con ponderatezza per afferrarne il senso, se non il sapore, più intrinseco. Molte volte, infatti, ad una prima valutazione  la prosa del Trevi può sembrare evanescente tanto da apparire fumosa ma che, tuttavia, rende in un modo mirabile la descrizione dei caratteri dei due personaggi di cui il libro parla.

Cosa le ha lasciato il periodo della pandemia, con l’autore che non ha avuto la possibilità di interagire con il pubblico? E a quando il prossimo lavoro?

Restare per mesi tappato in casa, con solo qualche sortita per alcune necessità, non è stata una cosa piacevole. Tuttavia mi sono dedicato alla stesura del terzo capitolo della Trilogia del Commissario Mandalà, “I Campi della vergogna”.  Inoltre ho scritto alcuni articoli che sono apparsi sulla rivista bimestrale “Lionismo” con la quale collaboro. Il prossimo lavoro? Sto pensando di trasporre il mio dramma “Il canto del gallo” in un romanzo, ma è tutto in embrione.

 

2 anni fa
Autore
Claudio Mascagni

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