I monumenti da visitare a Gijón
Una passeggiata nella città delle Asturie alla ricerca del sidro, di madri disperate e di un abbraccio con l'orizzonte infinito
Su e giù per Gijón. La Semana Negra, il festival del noir che è cominciato oggi pomeriggio, resta un momento unico e irripetibile per visitare la città di 200mila abitanti delle Asturie che s’affaccia sul mar Cantabrico, una sorta di oasi felice tra la montagna e le spiagge.
Eppure restando avvolti dall'abbraccio urbano ci sono dei monumenti che ci potrebbero distogliere da una passeggiata a playa Salinas e da una escursione sulla vetta del Pico del Sol. E vediamoli allora questi monumenti che sono pronti a emozionarci.
Simbolo di questo territorio è il sidro, il liquore ottenuto dalle mele asturiane. Talmente identificativo con questa terra da dedicargli un monumento, chiamato l’Arbol de la sidra. Svetta nella zona del porto ed è il simbolo di Gijón, è un monumento realizzato con le bottiglie verdi vuote, quelle classiche utilizzate per imbottigliare la sidra.
Bevanda regionale, simbolo di identità, il sidro delle Asturie è una tradizione appena alcolica (alcolometrico volumico minimo 5%), che trasforma gli oltre 500 tipi di mele asturiane; ogni anno si producono più di 45 milioni di litri di sidro, con il consumo totale nelle Asturie e altre zone della Spagna.
Quello che merita una visita ma anche un momento di raccoglimento per svariate riflessioni è la scultura "Monumento a la madre del Emigrante", conosciuta anche come "La Lloca" per via dell'espressione contorta del volto, del gesto della mano sinistra e dei capelli trascurati ondeggianti nel vento. Facile immaginare cosa rappresenti. La faccia della donna è la sintesi di una malinconia che si manifesta non solo nei solchi delle rughe del volto ma anche sui vestiti che indossa. Più la mano alzata. Un saluto. Un saluto d’addio più che un arrivederci, rivolto ai suoi figli che prendono il mare. Sa poco di attesa la statua, ma molto di lungo addio, di un arrivederci definitivo, colmo di una tristezza profonda.
Si trova alla fine del lungomare di San Lorenzo, verso lo sbocco del Piles, nella zona chiamata "El Rinconín", costruita dallo scultore Ramón Muriedas e che ha subito varie peripezie nel corso del tempo. La statua è stata realizzata in bronzo ed è stata inaugurata nel 1976, danneggiata da un ordigno esploso sul basamento e poi ripristinata nel 1995 grazie alla sensibilità di un cittadino privato, Francisco González Macías.
E poi sempre verso il mare ecco che c’è L'elogio all'orizzonte o Elogio del Horizonte, monumento tra i più conosciuti simboli della città, che domina dal Cerro de Sta Catalina, Cimavilla, realizzato dallo scultore spagnolo Eduardo Chilida. Come ogni suo lavoro, forma e materiale sono fondamentali, fondendosi con lo spazio: Elogio dell’orizzonte è rappresentato come una grande porta in cemento armato, aperta sull’orizzonte, dove un cerchio spezzato è retto da due grandi sostegni. Nell'intento di Chillida ecco che si vuole costruire un “non spazio” silenzioso, una totale apertura verso quell’orizzonte che sembra definito ma è irraggiungibile. Come se l'uomo dovesse spingersi sempre oltre, poco più in là, per cercare risposte, se stesso, riflessioni.
“Vorrei mettere l’uomo davanti a uno spettacolo così impressionante come è l’orizzonte, irraggiungibile, necessario. Perché, se ci pensi bene, l’orizzonte è
irraggiungibile, nessuno lo può negare. (…) Se tu avanzi, lui si sposta. Sono arrivato a pensare che forse l’orizzonte è la patria comune di tutti gli uomini…”.
Questa è la dedica che lo scultore ha voluto affidare alla sua scultura, che s’affaccia su un mare impetuoso, un po’ quello che ha voluto veicolare con il Peine del Viento (Pettine del Vento) di San Sebastián, realizzata nel 1977, Chillida stesso spiega la sua filosofia nel creare arte, convinto che ognuno di noi non è protagonista del proprio destino, anche se resta convinto che ogni uomo ha un insostituibile ruolo da svolgere, seppure non ne conosce né i dettagli né le modalità, tanto che il suo mantra resta «Io non rappresento, domando». Noi, intanto, osserviamo e ammiriamo. E riflettiamo davanti al mare.
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