L'inflazione resta il rischio maggiore della guerra
L'Istat denuncia le difficoltà di misurare l'impatto economico per via del conflitto russo-ucraino
L’impatto della guerra sul sistema economico rimane di difficile misurazione e si innesta all’interno di una fase del ciclo caratterizzata da miglioramenti di alcuni settori economici, degli investimenti e delle condizioni del mercato del lavoro. Lo sottolinea l'Istat nella nota mensile di marzo sull’andamento dell’economia italiana.
L'istituto di statistica osserva come "le reazioni allo shock determinato dal conflitto è al momento eterogenea tra gli operatori" con "le famiglie che mostrano maggiori preoccupazioni: a marzo l’indice di fiducia è sceso di circa 12 punti rispetto al trimestre precedente, condizionato dai giudizi negativi sul clima economico e su quello futuro".
Tra le imprese, invece, "l’andamento della fiducia è differenziato tra comparti". L'Istat segnala come la fiducia "nel settore delle costruzioni è ancora a livelli massimi mentre è diminuita la fiducia delle imprese manifatturiere e dei servizi, anche se nel turismo si segnala un deciso miglioramento. In particolare, le imprese manifatturiere hanno evidenziato un aumento della quota di chi segnala ostacoli all’attività di esportazione".
Ipotizzando per marzo un livello dell’attività economica uguale a quello di febbraio, nel primo trimestre 2022 la produzione industriale segnerebbe un calo dello 0,9% continua l'istituto che ritiene come "l’attuale tasso di investimento, sui livelli del 2008, e l’ancora elevata propensione al risparmio potrebbero rappresentare dei punti di forza per la ripresa della crescita economica incidendo sulle aspettative degli operatori".
In questo scenario, conclude l'Istat, "la forte accelerazione dell’inflazione, condizionata dall’andamento dei prezzi dei beni energetici, costituisce ancora il principale rischio al ribasso a cui si associano i possibili effetti negativi legati al rallentamento del commercio internazionale e all’apprezzamento del dollaro".
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