La battaglia di Montaperti rivive nei giochi medievali
La rievocazione storica del 1260 tra la Siena Ghibellina e la Firenze Guelfa andrà in scena domenica 21 novembre
La battaglia di Montaperti rivive la sua storia tra passato e presente. La rievocazione della Pace stipulata a Castelfiorentino nel 1260 tra la Siena Ghibellina e la Firenze Guelfa andrà in scena domenica 21 novembre con la partecipazione dei cortei storici di Firenze e Monteriggioni. Settantacinque i figuranti in costume medioevale percorreranno le vie del centro storico basso e alto di Castelfiorentino a partire dalle ore 15.30, fino a raggiungere il mercato medioevale in Piazza Kennedy e dirigersi in Piazza del Popolo, dove i cortei e le rappresentanze istituzionali daranno vita alla cerimonia solenne della ‘firma’ del Trattato di Pace, preceduta dal suono squillante delle chiarine.
La ‘festa’ è stata presentata in Consiglio regionale dal presidente Antonio Mazzeo che ha rinnovato l’appello a vaccinarsi: “Non è solo protezione, aderire alla campagna rende tutti liberi di vivere ogni evento ed ogni angolo della nostra bella Toscana con serenità”. “La bellezza di una regione come la nostra parte proprio da qui: le differenze come opportunità e la storia, le rievocazioni storiche, le tradizioni, come modo per guardare al futuro anche con speranza e ottimismo” ha aggiunto.
Intorno alla metà del XIII secolo la Toscana è divisa in stati indipendenti, distinti in Comuni (formati da città e castelli) e Signorie, facenti capo a famiglie nobiliari che disponevano di domini propri. Gli attriti e le divergenze che potevano sfociare anche in conflitti si generavano su due piani, che spesso si intersecavano: quello territoriale, alimentato magari da questioni di confine, sfere di influenza, rivalità commerciali; e quello politico, fondato sullo scontro e sull’alleanza fra i tre partiti: Guelfi, Ghibellini, Popolani. I primi, come è noto, erano legati al Papato. I secondi all’Impero, nelle persone dei sovrani svevi. I popolani rappresentavano interessi locali e non avevano alcuna autorità di riferimento. Il fattore che aggravava le crisi fra stati era la capacità di Guelfi e Ghibellini di creare alleanze sovralocali, dividendo al loro interno i ceti dirigenti. Dopo la morte dell’imperatore Federico II di Svevia, nel 1250, a Firenze si era imposto un regime popolano, che grazie a una politica di equidistanza tra i due partiti in gioco era riuscito progressivamente a estendere la sua influenza. I ghibellini, tuttavia, reagirono di fronte a questa situazione: e in due occasioni (1251 e 1258) organizzarono delle rivolte, finendo per rifugiarsi – nel 1258 - a Siena in esilio. Le pressioni dei ghibellini fiorentini rifugiati, e le promesse di aiuto militare dell’ultimo sovrano svevo (Manfredi, Re di Sicilia, figlio naturale dell’Imperatore Federico II) convinsero Siena a violare l’accordo commerciale del 1255 (la “società”), sfidando Firenze. Quest’ultima reagì organizzando una campagna militare nell’estate 1260, sfociata nel disastro di Montaperti, ove l’esercito fiorentino fu pesantemente sconfitto da quello senese. La “mattanza” dei fiorentini fu tale da essere ricordata da Dante Alighieri nella “Divina Commedia” (Inferno, Canto X) come “lo strazio e ‘l grande scempio che fece l’Arbia colorata in rosso”. Sul piano politico la sconfitta militare portò inevitabilmente alla caduta del regime popolano di Firenze e dei regimi suoi alleati (con la sola eccezione di Lucca), ridimensionandone il ruolo in Toscana.
“Questa sarà un’occasione per ricordare la lunga e profonda storia della Toscana già citata da Dante. Sono certo che la rievocazione saprà attrarre pubblico da più parti del territorio” ha dichiarato il consigliere regionale Enrico Sostegni.
Il riassetto politico e territoriale della regione avvenne attraverso la firma – il 25 novembre 1260 - di due accordi fra i Comuni di Firenze e Siena. La firma avvenne in una località nei pressi di Castelfiorentino, all’epoca un Comune soggetto a Firenze, luogo di forte valore strategico per il controllo della Valdelsa, su cui Siena voleva estendere la sua influenza.
Secondo la prassi dell’epoca, i Comuni di Firenze e Siena si fecero rappresentare da Sindaci – in pratica procuratori speciali, secondo la terminologia giuridica attuale – che furono designati ad hoc: Lotteringo del fu messer Ubertino di Pegolotto per Firenze, e messer Iacopo di Pagliarese e Buonaguida del fu Gregorio di Boccaccio per Siena. Esaminiamoli separatamente:
Con il primo accordo, Firenze cedette dei “diritti”, pubblici e privati, detenuti in una serie di comunità (Montepulciano, Montalcino, Poggibonsi, Staggia, ecc) e signorie. Tali “diritti” – iura nel testo, dal latino ius-iuris – si intendevano all’epoca rapporti giuridici quali quelli privati di proprietà, sovrani quali la riscossione delle imposte, e vincoli personali di fedeltà e sudditanza in questo caso impossibili da definire per mancanza di particolari. In buona sostanza, questo accordo sanciva il passaggio delle comunità e dei signori dal controllo di Firenze a quello di Siena.
Il secondo accordo, denominato la “società”, era assimilabile ad un trattato di pace vero e proprio. Attraverso di esso i due ex belligeranti ponevano fine alle loro controversie, regolavano la questione dei prigionieri di guerra, si impegnavano a riconoscere le rispettive giurisdizioni, promettendosi aiuto e assistenza e stipulando una nuova intesa commerciale di libero scambio.
Commenti