Ingegneri contro il massimo ribasso sugli affidamenti diretti
Secondo il parere espresso in una circolare del Consiglio Nazionale degli Ingegneri, anche l’affidamento diretto deve avvenire sulla base di criteri qualitativi
Il Consiglio Nazionale degli Ingegneri ha diramato una circolare (n.98/2023) per illustrare quanto stabilisce il nuovo Codice dei Contratti in merito all’affidamento direto dei servizi di ingegneria ed architetura, esprimendo il parere che, sulla base dell’adozione del principio dell’equo compenso, gli stessi servizi non possono sottostare alla logica del massimo ribasso.
La circolare parte dal fatto che attualmente l’art.1, comma 1, della legge n.49/2023 stabilisce espressamente il diritto del professionista ad un compenso equo, proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto. Si tratta di uno strumento che, tra le altre cose, si ripropone di tutelare i professionisti soprattutto nei loro rapporto con gli operatori di mercato cosiddetti “forti”, come la P.A. In questo quadro, i parametri riportati nell’omonimo decreto ministeriale
rappresentano la base per la determinazione di un compenso equo, non derogabile in senso riduttivo o peggiorativo.
Detto questo, sulla base del chiarimento della natura giuridica dell’affidamento diretto contenuta nel nuovo Codice dei Contratti, il CNI ravvisa che esso risulta pienamente compatibile con l’applicazione dell’equo compenso cui fa riferimento la legge 21 aprile 2023 n.49 (“Disposizioni in materia di equo compenso delle prestazioni professionali”). Sappiamo che il decreto legislativo n.36/2023 stabilisce che non è possibile procedere all’aggiudicazione di commesse aventi ad oggetto l’esecuzione di prestazioni intellettuali sulla base del massimo
ribasso, in quanto la base d’asta costituisce già il compenso equo. La procedura dell’affidamento diretto stabilita dal Codice dei Contratti non prevede l’applicazione dei criteri di aggiudicazione, ma questo ovviamente non esclude, ma piuttosto rafforza l’idea della necessità di giungere, anche per questo tipo procedurale, ad una individuazione dell’affidatario sulla base di criteri “qualitativi” e non meramente economici. Più precisamente, anche per gli affidamenti diretti, la selezione incentrata esclusivamente su “criteri quantitativi” di ribasso economico, se conduce alla determinazione di un compenso in favore del professionista inferiore al compenso equo, si deve ritenere illegittima.
Il presidente Perrini precisa che “il principio dell’equo compenso è uno strumento per la valorizzazione sociale e la tutela dei liberi-professionisti italiani che il Legislatore ha inteso difendere nei confronti degli operatori “forti” del mercato. Assodato, quindi, che l’equo compenso rappresenta un diritto non comprimibile del professionista intellettuale, anche l’affidamento diretto deve perfezionarsi sulla base di criteri esclusivamente qualitativi una volta che il valore della commessa, così come stimato dalla stazione appaltante, sia di pari al “compenso equo”.
Va ricordato, in questo contesto, che, secondo il CNI, sfugge al divieto di ribasso la componente economica delle spese stimate dell’incarico professionale, in quanto esse non sono propriamente inquadrabili come compenso.
In sintesi, nei casi di ricorso all’affidamento direto di servizi di ingegneria ed architettura, l’assenza di una procedura concorrenziale e la necessaria prevalenza del principio dell’equo compenso, secondo il parere del CNI, porta a ritenere “non utilizzabile” un criterio di “individuazione” dell’affidatario incentrato sul solo “prezzo” della prestazione e questo non solo per l’affievolimento delle esigenze concorrenziali, ma anche per la fisiologica incapacità di
selezionare efficacemente una procedura incentrata esclusivamente sul parametro economico.
La circolare parte dal fatto che attualmente l’art.1, comma 1, della legge n.49/2023 stabilisce espressamente il diritto del professionista ad un compenso equo, proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto. Si tratta di uno strumento che, tra le altre cose, si ripropone di tutelare i professionisti soprattutto nei loro rapporto con gli operatori di mercato cosiddetti “forti”, come la P.A. In questo quadro, i parametri riportati nell’omonimo decreto ministeriale
rappresentano la base per la determinazione di un compenso equo, non derogabile in senso riduttivo o peggiorativo.
Detto questo, sulla base del chiarimento della natura giuridica dell’affidamento diretto contenuta nel nuovo Codice dei Contratti, il CNI ravvisa che esso risulta pienamente compatibile con l’applicazione dell’equo compenso cui fa riferimento la legge 21 aprile 2023 n.49 (“Disposizioni in materia di equo compenso delle prestazioni professionali”). Sappiamo che il decreto legislativo n.36/2023 stabilisce che non è possibile procedere all’aggiudicazione di commesse aventi ad oggetto l’esecuzione di prestazioni intellettuali sulla base del massimo
ribasso, in quanto la base d’asta costituisce già il compenso equo. La procedura dell’affidamento diretto stabilita dal Codice dei Contratti non prevede l’applicazione dei criteri di aggiudicazione, ma questo ovviamente non esclude, ma piuttosto rafforza l’idea della necessità di giungere, anche per questo tipo procedurale, ad una individuazione dell’affidatario sulla base di criteri “qualitativi” e non meramente economici. Più precisamente, anche per gli affidamenti diretti, la selezione incentrata esclusivamente su “criteri quantitativi” di ribasso economico, se conduce alla determinazione di un compenso in favore del professionista inferiore al compenso equo, si deve ritenere illegittima.
Il presidente Perrini precisa che “il principio dell’equo compenso è uno strumento per la valorizzazione sociale e la tutela dei liberi-professionisti italiani che il Legislatore ha inteso difendere nei confronti degli operatori “forti” del mercato. Assodato, quindi, che l’equo compenso rappresenta un diritto non comprimibile del professionista intellettuale, anche l’affidamento diretto deve perfezionarsi sulla base di criteri esclusivamente qualitativi una volta che il valore della commessa, così come stimato dalla stazione appaltante, sia di pari al “compenso equo”.
Va ricordato, in questo contesto, che, secondo il CNI, sfugge al divieto di ribasso la componente economica delle spese stimate dell’incarico professionale, in quanto esse non sono propriamente inquadrabili come compenso.
In sintesi, nei casi di ricorso all’affidamento direto di servizi di ingegneria ed architettura, l’assenza di una procedura concorrenziale e la necessaria prevalenza del principio dell’equo compenso, secondo il parere del CNI, porta a ritenere “non utilizzabile” un criterio di “individuazione” dell’affidatario incentrato sul solo “prezzo” della prestazione e questo non solo per l’affievolimento delle esigenze concorrenziali, ma anche per la fisiologica incapacità di
selezionare efficacemente una procedura incentrata esclusivamente sul parametro economico.
1 anno fa
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