Un polo fieristico trasformato in definitivo centro d'accoglienza
Mentre il resto d'Italia investe sui servizi Latina cambia destinazione d'uso al suo centro fieristico ormai utilizzato per situazioni tampone
Non c’è nulla di più definitivo del provvisorio. Dalle latitudini di Latina la situazione di stallo è vissuta così. Terra di palude stagnante, terra di eterne promesse e sviluppo mancato. La Cassa per il Mezzogiorno da queste parti ha lasciato scheletri d’acciaio e pareti di cemento disossato, addirittura i casi di nobile riconversione come i siti industriali dismessi riconvertiti in opere di rigenerazione urbana vengono oggi utilizzati come piazze d’armi d’emergenza. C’è la letteratura del campo nomadi Al Karama a ricordare, come una perfetta clessidra, che le situazioni critiche temporanee si cristallizzano nel tempo: e così il lassismo di un’amministrazione (quella comunale) che non è mai riuscita a risolvere l'emergenza rom al pari della Regione Lazio s’abbraccia con la miopia di un’altra (quella provinciale). Ma andiamo con ordine e mettiamo le tesserine del mosaico tutte nell’incastro esatto di una (ennesima) mancata situazione di sviluppo.
Latina vive la sua situazione in una sorte di fase orale anti-litteram, di eterna incompiuta, avvitata su se stessa, senza sogni, così quei siti che avrebbero potuto darle un senso di compiutezza restano la testimonianza totemica che il domani non esiste. Prendete ad esempio la ex-Rossi Sud, trasformata durante la giunta provinciale di Armando Cusani da tempio del ricordo sbiadito della Lane Rossi a un polo fieristico con tanto di cda, progetti e investimenti. In una città di servizi come Latina, che aveva voltato le spalle all’agricoltura (e al mare) per lasciarsi sedurre dall’industria e per ritrovarsi anni dopo in panne come un’utilitaria sfiatata, l’area fieristica della Rossi Sud significava avere pagine di futuro imprenditoriale da scrivere. Macché. Prima contenziosi e noie burocratiche ne avevano limitato lo sviluppo, poi l’emergenza sanitaria nel nome del Covid trasformandola in centro vaccinale sembrava averle dato il colpo di grazia, ma, si sa, al peggio non c’è mai fine: così l’ennesima urgenza del capoluogo pontino ha trovato la soluzione tampone, tant’è che domenica scorsa la steppa andata a fuoco ai confini del campo nomadi Al Karama coi disagi per gli ospiti facilmente immaginabili hanno trovato rapida via d’uscita. Indovinate dove sono stati (provvisoriamente) ospitati gli sfortunati rimasti senza alloggio avvolto dalle fiamme? Esatto, lì, presso la polivalente struttura del centro Rossi Sud, che dopo i concerti di Mannarino e affini, dopo le fiere campionarie, dopo la convegnistica professionale, è stata trasformata in un centro d’accoglienza, prima vaccinale poi per sfollati. Una città di 130mila anime che dopo 90 anni ancora non ha capito che direzione prendere è una città che resterà sempre effetto e non vestirà mai gli abiti adulti della causa. Causa ed effetto: ecco il dilemma di questa città di provincia, più che schiacciata da metropoli come Roma e Napoli deformata dal suo angosciante nanismo. Un polo fieristico che da volano dello sviluppo del terzo settore è diventato nel tempo centro di smistamento per anime in pena. Permeate con il resto di una città sospesa nell'immobilismo.
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