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Arrivano i pastori kirghisi per salvare le pecore sarde

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Per salvare l'agroalimentare della Sardegna ma anche per ripopolare città e campagne a rischio desertificazione, sono in arrivo nell’Isola giovani pastori kirghisi

Per salvare gli allevamenti e la tradizione agroalimentare della Sardegna ma anche per ripopolare città e campagne a rischio desertificazione, sono in arrivo nell’Isola giovani pastori kirghisi competenti nei lavori agricoli insieme alle loro famiglie. È questo il risultato dell’accordo raggiunto dalla Coldiretti in Kirghizistan, la repubblica ex sovietica più a est che si trova a seimila chilometri dall’Isola.

L’accordo alla firma del Ministero del lavoro del Kirghizistan prevede di avviare un progetto pilota, professionale e sociale, con l’arrivo di un primo gruppo di un centinaio di kirghisi in Sardegna (di età tra i 18 e i 45 anni) con capacità professionali specifiche nel settore primario che seguiranno un percorso di formazione ed integrazione nel tessuto economico e sociale della Regione con opportunità anche per le mogli nell’attività dell’assistenza familiare.

Si tratta di una iniziativa da consolidare nel tempo che, oltre a rafforzare il tessuto produttivo punta a contrastare l’abbandono delle campagne e dei piccoli centri dove a pesare è anche il calo delle nascite e l’invecchiamento della popolazione. Si tratta di un progetto di medio – lungo periodo che porterà all’inserimento di migliaia stranieri, a seconda della domanda, con interventi in tre distretti rurali: Sassari, Barbagie e Sarrabus, con l’aiuto di mediatori culturali.

In Kirghizistan è fortemente presente l’attività allevamento con profonde conoscenze dell’attività casearia diffuse competenze soprattutto nella realizzazione di formaggio da latte di pecora ma anche nell’allevamento dei cavalli. Nel Paese sono allevate soprattutto pecore di razza karakul e argali che raggiungono per il maschio adulto sino a 80 chili di peso.

Lo sviluppo del progetto di integrazione sociale dei lavoratori del Kirghizistan in Sardegna è stato possibile grazie alla collaborazione con l’ambasciatore del Kirghizistan in Italia, Taalay Bazarbaev con l’obiettivo di creare opportunità di lavoro stabile e nel pieno rispetto della legalità sia in termini di servizi sociali che per il mondo produttivo, in particolare quello agro-pastorale. L’accordo – spiega la Coldiretti – prevede contratti di apprendistato e poi contratti a tempo indeterminato con la possibilità di occupare le tante case sfitte nei piccoli centri dell’Isola. Una prima selezione verrà fatta inizialmente dal ministero del lavoro kirghizo che preparerà i bandi per l’individuazione di personale per la Sardegna. Il tutto dopo la firma di un protocollo ufficiale tra Coldiretti e il governo kirghiso, naturalmente con il sostegno del Ministero degli Affari Esteri e di quello dell’agricoltura, della sovranità alimentare e foreste.

L’immigrazione legale è un valore per un Paese come l’Italia dove un prodotto agricolo su quattro viene raccolto da mani straniere con 358mila lavoratori regolari provenienti da ben 164 Paesi diversi che sono impegnati regolarmente nei campi e nelle stalle fornendo più del 30% del totale delle giornate di lavoro necessarie al settore, secondo il Dossier Idos. I lavoratori stranieri occupati in agricoltura sono per la maggior parte provenienti da Romania, Marocco, India e Albania, ma ci sono rappresentanti di un po’ tutte le nazionalità. Si tratta soprattutto di lavoratori dipendenti a tempo determinato che arrivano dall’estero e che ogni anno attraversano il confine per un lavoro stagionale per poi tornare nel proprio Paese spesso stabilendo delle durature relazioni professionali oltre che di amicizia con gli imprenditori agricoli.

1 anno fa
Foto: pixabay
Autore
Giada Giacomelli

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